23/09/2023

Bjork

Unipol Arena, Casalecchio di Reno (Bologna)


Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
(Vincenzo Cardarelli, “Autunno”)

L’autunno è da sempre metafora per eccellenza dello scorrere della vita umana, in netto contrasto con la pienezza della giovinezza rappresentata dall’estate, simbolico dualismo che ricorda anche la contrapposizione tra gli ultimi due lavori di Björk, il luminoso “Utopia” e il più consapevole “Fossora”. La prima opera illustra uno scenario idilliaco e da fiaba, mentre la seconda vede la protagonista tornare sulla Terra, prendendo coscienza del fatto che il futuro dell’intero pianeta, del quale continuiamo a non avere adeguata cura e rispetto, sia in grave pericolo.

Tanto per gradire, l’acqua che non è caduta su Bologna per mesi ha deciso di abbattersi in maniera spietata sulle teste di chi era diretto al concerto della regina dei ghiacci. Il secondo appuntamento italiano dell’artista islandese, a due settimane dalla performance al Mediolanum Forum di Assago, ha coinciso con l’equinozio d’autunno, inaugurando la stagione con un gran bell’acquazzone. Tempismo perfetto, viste le atmosfere dello spettacolo. Il pubblico ci scherza su, mentre entra fradicio e infreddolito nel palazzetto con grande tranquillità, in cerca del proprio posto a sedere e di qualcosa da sgranocchiare per ingannare l’attesa. In sottofondo è possibile sentire uccellini e paesaggi sonori, mentre sul sipario appare proiettata parte della copertina dell’ultimo disco.

La setlist conta un totale di venti tracce ed è incentrata per più della metà su “Utopia”, a cui si affiancano quattro brani estratti dall’ultimo lavoro “Fossora”, mentre i restanti coinvolgono il meglio della produzione passata dell’artista in maniera funzionale alla narrazione del tour di “Cornucopia”, che unisce femminismo, ambientalismo e tecnologia. Lo spettacolo prende il via con una breve introduzione video futuristica sulle note di “Family”, entrando subito nel vivo con le trame brillanti di “The Gate” e i suoi giochi di luce proiettati sul sipario leggero, che si assottiglia svelando a poco a poco il palco. Björk compare avvolta nel “Bleeding Coat” realizzato da Robert Wun, completato da un copricapo a tesa larga, mentre alle sue spalle spiccano in abiti fatati le Viibra, settetto islandese composto da flautiste. Accompagnata da un Eden rigoglioso pieno di magnifici fiori in movimento sullo sfondo, la lieve “Utopia” lascia intravedere il resto della formazione di supporto alla performer, ovvero l’arpista Katie Buckley, il polistrumentista Bergur Þórisson e Manu Delago alle percussioni, mentre le Viibra eseguono una piccola coreografia, uscendo di scena in vista dei moti ascendenti di “Arisen My Senses”, incantevole duetto di arpa e voce.

Un primo ottimo highlight comprende la suggestiva e pulsante “Ovule”, che si schiude sulla magnetica “Show Me Forgiveness”, traccia a cappella eseguita da Björk all’interno di una specie di piccola navicella presente sul palco, preludio di una versione più sottile dell’acclamata “Venus As A Boy”, dominata solo dalla voce dell’artista (più in forma che mai) e da un flauto.
L’esperienza immersiva continua tra le immagini tridimensionali e labirintiche di “Claimstaker”, i fondali marini in secondo piano a una splendida e più orchestrale “Isobel” e il rumore dell’acqua rovesciata fuori da alcune ciotole, suonate da Delago, durante “Blissing Me”. Funge da breve intermezzo una registrazione di “Arpeggio”, bonus track di “Utopia”, durante la quale scorre nel video un messaggio sull’emergenza climatica, un invito a immaginare un futuro nel quale tecnologia e natura sono in armonia, riprendendo parte dei versi di “Future Forever”.

Our past is on loop, turn it off
Let's be intentional about the light
Imagine a future
Be in it

La seconda parte dello show è inaugurata dall’elettronica scura, i clarinetti e i visual inquietanti della claustrofobica e soffocante “Victimhood”, altra vetta insieme alla successiva incursione techno hardcore, un medley ipnotico e vertiginoso retto da un tappeto di fiati che unisce “Fossora” e ”Atopos”.
Torna la calma con la notturna “Features Creatures”, anticamera delle atmosfere tra deconstructed club e chamber-folk di “Courtship”, a cui si agganciano l’arpa di “Pagan Poetry” e la sua ideale chiusura dolorosa, oscura e gotica “Losss”. Concludono il set principale i balli sulla serpeggiante e imperativa “Sue Me” e i cori e i flauti paradisiaci di “Tabula Rasa”.

Break the chain of the fuck-ups of the fathers
It is time
For us women to rise, and not just take it lying down
It is time
The world, it is listening

L’encore si apre tra gli applausi con un messaggio registrato dall’attivista Greta Thunberg, un incoraggiamento a invertire la rotta e cambiare il sistema, ricordando come il potere sia nelle mani delle persone e ogni azione possa fare la differenza. Gli arpeggi sintetici di stampo glitch-pop della strumentale “Mycelia” introducono i cori di “Future Forever”, dove Björk torna in scena indossando l’abito “Sphaera”, una sorta di orchidea futuristica progettata da Iris van Herpen. L’artista prende la parola per presentare i suoi compagni di avventura, apprestandosi a chiudere l’esperienza totalizzante con un suono di gong al culmine dei volteggi frenetici della corale “Notget”.

Totalizzante. Ogni altra parola a questo punto sarebbe superflua, tanto è vero che un simile spettacolo di un'ora e mezzo precisa è praticamente impossibile da descrivere a parole, o con futili frammenti di immagini rubate con un cellulare (che si era caldamente invitati a non usare). La narrativa di “Cornucopia” dilata il tempo e lascia imbambolati, imbrigliando lo spettatore con le sue trame sonore e le sue immagini accattivanti, talvolta carezzevoli e altre terribili, come una sirena ammaliatrice, e forse il modo più efficace per riconnettersi subito alla realtà (e alla natura) è proprio una gran bella corsa sotto un acquazzone, che giustamente, messo piede fuori dall’Unipol Arena, è ancora lì ad aspettarci.