19/11/2022

Edda

Arci Bellezza, Milano


L'opening act di Umberto Maria Giardini è finito, si sono appena riaccese le luci, è ripartita la musica di sottofondo ed eccolo Stefano Ramboldi in arte Edda già sul palco che saltella da una parte all'altra, accordando la chitarra, regolando l'amplificatore come se fosse un roadie, sorprendendo il pubblico e facendo trapelare la sua natura di anti-divo.
La sua data milanese registra il sold-out, qui Edda gioca in casa e l'attesa è giustificata anche dal buon riscontro di "Illusion", l'album uscito a settembre con la produzione di Gianni Maroccolo. L'Arci Bellezza è quindi, al massimo della capienza, il pubblico è abbastanza trasversale, per età e sesso. Molti si riveleranno aficionados che conoscono tutti i testi a memoria e che non si perdono mai una data, ma la quantità di gente fa pensare che l'indice di gradimento dell'ex-Ritmo Tribale sia davvero in fase di crescita.

Dopo il recital per chitarra e voce del raffinato ed elegante Umberto Maria Giardini, si comincia a sentir salire la temperatura un po' per l'attesa e un po' perché dentro alla sala fa veramente caldo. Dopo il blitz pre-concerto, Edda riappare in veste ufficiale per dare inizio alle danze: la scaletta prevede una intro basata sull'ultima uscita, una cinquina che inizia con "Mio capitano" e si chiude con il fascino retrò di "Lia".
In controtendenza con gli arrangiamenti levigati di "Illusion", la formazione che segue Edda sul palco sembra decisamente virata al rock (batteria, basso, due chitarre e tastiera occasionale), quindi i pezzi più robusti sembrano convincere maggiormente, in particolare "Carlo Magno" che, in questa versione ruvida, guadagna rispetto a quella più trattenuta del disco.
"Lia", il singolo di "Illusion", fin dalle prime note dell'arpeggio iniziale viene sottolineato dagli applausi e si percepisce un certo illanguidimento collettivo durante il nostalgico refrain in falsetto.

Ora Edda sente di essere a casa e, dopo aver promesso di togliersi i pantaloni e continuare in mutande se fosse riuscito a superare lo scoglio della sua parte di chitarra in "Gurudeva", passa a quattro brani tratti da "Fru fru", la svolta pop della sua carriera, quindi vola da una versione tribale de "La vela bianca" fino alla peccaminosa "Ovidio e Orazio" passando per il funk di "The Soldati" e i ritmi ipnotici di "Edda".
Qualche problemino tecnico viene scongiurato con l'umorismo quando Edda arriva a chiedere se qualcuno in sala è in grado di riparare il suo accordatore, una sorta di "c'è un medico a bordo" in chiave indie-rock.
Dopo una digressione sulla dimensione dei genitali di alcuni esponenti della scena rock italiana, si iniziano a sparare i classici come "Signora" e "Ziguli" che vengono cantati in coro da tutta la platea. La serata è ormai decollata.
Sempre dall'album "Graziosa Utopia" arrivano "Benedicimi" e "Picchiami" fino a "Spaziale", momento accendino, il picco romantico della produzione di Edda, un classico accolto con entusiasmo dal pubblico che si scioglie in un coro e cerca di doppiare, con mediocri risultati, la voce elastica del cantante milanese.

Bisogna sottolineare come Edda senza espedienti di scena, rigorosamente senza pose da rockstar, riesca a coinvolgere gli ascoltatori trascinandoli nel suo immaginario folle e poco rassicurante, attraverso testi lontani anni luce dal "politically correct", con la sua voce fuori dal comune e il carisma di chi frequenta i palchi ormai da anni. Lo stesso incantesimo che ci rapisce coi dischi, si ripete nel live. E la consapevolezza, anche se nascosta da un approccio da anti-divo, a Edda non manca. Infatti solo lui può permettersi, durante il primo bis versione chitarra e voce di "Trema", di dire al pubblico che applaude in una pausa prima che la canzone finisca: "Studiate i brani prima di venire ai concerti", scatenando l'ilarità generale.
Ormai hai il pubblico in pugno. Scatta il cavallo di battaglia "Mademoiselle", con quelle pause anni Novanta che fanno la gioia dei live: la tentazione di colmarle insieme in coro è troppo forte, irresistibile. La furia continua con un altro classico rabbioso, "Stellina", ed è già tempo di chiudere con l'unico brano da "Semper Biot", cantato in mutande come promesso: "L'innamorato".
Presentazione della band: stanchi ma felici, ci sono il fido Luca Bossi a basso e tastiere, Francesco Capasso alla chitarra solista, Nik Lamberti alla batteria, Davide Tessari al mixer ed è davvero finita.
Bella serata, alla prossima, ma adesso usciamo che fa caldo oppure rimaniamo e ci mettiamo anche noi in mutande.