Ila And The Happy Trees

Believe It

2012 (Mokili)
pop, songwriter

La prima cosa che notiamo di questo cd è che profuma, di vaniglia oseremmo dire. Anni fa i Cathedral fecero una limited edition che profumava di mela per l'album "The Garden Of Unearthly Delights", ma dubitiamo che la stakanovista Ila con gli Happy Trees abbiano lo stesso budget degli inglesi per realizzare un progetto così dispendioso. Nell'attesa di risolvere questo piccolo mistero, mettiamo il cd nel nostro lettore.

Ila, Teo, Lorenzo e Paolo sono la dimostrazione di come ci si possa muovere restando sostanzialmente fermi. Dall'esordio di Ila del 2004 a oggi, con questo che potremmo definire il secondo album della cantautrice genovese con i The Happy Trees, la dimensione del quartetto scisso tra Bergamo e Genova è rimasta intonsa: cantautorato, folk, eppure con un cipiglio indie e una vertiginosa profondità pop, che è in grado coniugare Norah Jones e Beach House del periodo "Teen Dream". Eppure Ila e gli alberi allegri hanno sentito l'urgenza di fermare tutto a un sound quanto più originale possibile.

Fin dalle prime note di "Believe It", l'abbraccio caldo di quel mondo ovattato si confonde in tono minore con lo spessore ritmico di Ani Di Franco e nella multi-etnicità di De André. Ma la filigrana luminosa lascia trasparire anche la gioia solare di Honeybird & The Brides e il senso melodico del secondo capitolo di Lene Marlin. Non è un caso, infatti, che l'album sia pieno, fin dai titoli, di rimandi alla libertà, alla felicità e all'amore. Dodici piccoli affreschi (che si perdono forse solo nella logorrea populista di "Tu Generico") che cercano di accompagnarci attraverso un percorso a ritroso al grado zero dell'emotività, cesellando con accortezza un suono semplice e limpido.
L'intreccio fra le trame antiche di una strumentazione tradizionale e quelle antichissime del piano, del banjo, del kazoo e dell'ukulele (suonati dalla stessa Ila) è quasi senza peso, a dimostrazione che i ragazzi ci sono e non ci fanno: una sicurezza d'intenti maturata in pochi mesi, mentre il timbro vocale (spesso paragonabile alla comune idea di Erica Mou) possiede piacevoli sfumature che potrebbero essere ulteriormente esplorate.

Poi avete visto il video di "Sun"? Ve lo siete fatti un giro sul loro sito ufficiale? Qualunque cosa ci fosse stata su questo disco, musicalmente parlando, avrebbe finito per essere affrontata nel modo più professionale possibile. Tanto vale la pena arrendersi e fare buon viso a cattivo gioco nei confronti dell'unico grande punto interrogativo di questo disco: la scelta di una molteplice via comunicativa, ora in inglese e in italiano, ora con piccole parentesi in portoghese ("O çé") e in dialetto genovese ("La Lingua"). Una scelta però nient'affatto scontata e per nulla semplice da affrontare, in Italia soprattutto. Noi crediamo che l'italiano dia maggiormente spessore a certe ingenuità liriche ancora piuttosto evidenti, ma diamo tempo al tempo.

19/01/2013

Tracklist

  1. Believe it
  2. Tu generico
  3. Sun
  4. Change the world
  5. O çê
  6. Into a change
  7. Quando ero bambino
  8. Bolla
  9. The meaning of life
  10. La lingua
  11. Wake me up
  12. Drop water ocean


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