Strana creatura, i Wild Beasts: band amata/odiata, apprezzata a volte a denti stretti dalla critica e dimenticata ben presto dopo il non accattivante capitolo finale “Boy King”. Poco omologata alle regole del mercato, nonostante un’ottima attitudine synth-pop, sfuggente e mai del tutto inquadrabile, la formazione di Tom Fleming e Hayden Thorpe ha lasciato un’eredità creativa apprezzabile e i lavori da solista dei due frontmen hanno dimostrato che dietro al fascino degli esordi, erroneamente ritenuto effimero, c’era molta carne al fuoco.
Le fragilità
naif, le inflessioni soul, le ambizioni art-rock e
post-rock espresse nel piccolo gioiellino “Present Tense” sono materia viva che i due ex-Wild Beasts stanno facendo evolvere verso ambiziose pagine art-pop. Mentre Hayden Thorpe con “Ness” ha abbracciato la poesia della letteratura e la forza evocativa delle immagini, Tom Fleming sotto il
moniker di One True Pairing è entrato con decisione e coraggio nelle maglie del chamber-folk più oscuro e dolente.
Il secondo album “Endless Rain” è nato in circostanze emotive decisamente avverse: gran parte del disco è stato composto dopo una serie di sventure che hanno lasciato Fleming senza casa, senza reddito e senza alcun supporto sentimentale o amichevole. L’alcol, il diabete e i problemi di vista e cardiaci hanno radicalmente cambiato la vita dell’artista. Il mancato successo dell’esordio da solista, che non ha superato neanche il centinaio di copie vendute, l’isolamento creato dalla pandemia e dalle difficoltà personali hanno rimandato a lungo la realizzazione di “Endless Rain”, che risuona come una vera e propria rinascita artistica.
Con l’esperta produzione di John “Spud” Murphy, produttore dei
Lankum e dei
Black Midi nonché membro degli
ØXN, Tom Fleming resta nei paraggi di un chamber-pop colto, con un’impronta folk-noir tinta di jazz che si nutre di fragilità (“Human Frailty”), nonché d’impeti dream-folk che crescono fino a trasformare poche note cristalline in un vortice oscuro (“Prince Of Darkness”).
Con “Endless Rain” il musicista sposta l’asse dal pop a un folk-noir che pesca sia nel
Bruce Springsteen di “
Nebraska” - il delizioso fraseggio armonico di “I Don’t Want To Do This Anymore” - che nella struggente poetica di Jack Johnson: i laceranti strappi di chitarra e violino nella tenebrosa
ballad folk-
blues “Tunnelling”. L’anima
baroque-pop dei Wild Beasts è ovviamente sempre dietro l’angolo, soprattutto negli episodi decisamente più vivaci, come la fluida ballata elettroacustica “Mid-Life Crisis” e l’accattivante e
groovy “A Landlord’s Death”, entrambe abilmente disturbate dalla sempre eccellente violinista Cormac MacDiarmada.
Ma a fare da
trait d’union è ovviamente la prima traccia del disco “As Fas As I Can Go”, un crescendo di sonorità folk-industrial con sonorità metalliche che virano verso ritmiche tribali, fino a creare un apocalittico caos melodico. L’inquieta e avvolgente
title track, la delicata ballata scompigliata da un finale post-rock/elettronico “Doubt” e la lacerante poesia adagiata su pochi accordi di
fingerpicking e languori strumentali di “Frozen Food Centre” sono i brani che più di altri indicano il percorso attuale del progetto One True Pairing.
Rabbioso, perfino pessimista, “Endless Rain” è un disco sofferto. Tom Fleming è oggi un uomo consapevole di dover convivere con problemi di salute fisica e di dover lottare con lo spettro della solitudine, ma diventare adulti è a volte il prezzo da pagare per poter continuare a coltivare le proprie inclinazioni artistiche. Per il musicista inglese questo è solo il primo passo di un nuovo, interessante cammino.
14/01/2025