Cantautore e chitarrista decisamente atipico, Bill MacKay, musicista di Chicago che dopo un numero consistente di collaborazioni (la più recente con Nathan Bowles per l'album "Keys") torna in scena con un lavoro da solista.
"Locust Land" è un delizioso campionario di sregolatezza e creatività. MacKay alterna
folk song che suonano familiari ("Keeping In Time") a vorticosi strumentali
psych-surf-rock con basso, percussioni e chitarra elettrica in pieno fulgore ("Glow Drift"). Poco meno di trenta minuti che scorrono come un flusso di coscienza creativo/musicale, privo di regole e stereotipi.
Il cantautore e musicista non si limita al solo ruolo di chitarrista, dilettandosi con tastiere e divagazioni strumentali che incrementano sia il versante più psichedelico con arpeggi di banjo e sinistri riverberi - l'atipico
country di "Oh Pearl" - sia quello sperimentale nella fluttuante astrazione sonora a base di
fingerpicking e modulazioni d'organo e pianoforte di "Phantasmic Fairy".
Al pari del
David Crosby di "
If I Could Only Remember My Name", MacKay veste la tradizione country di nuovi colori ("Half Of You"), quindi chiama in soccorso la voce di Janet Beveridge Bean (Eleventh Dream Day e Freakwater) per l'estatica e trascendentale fuga di sintetizzatori, tastiere, chitarre e cori di "Neil's Field" e rispolvera vecchie muse ispiratrici (
Nick Drake?) nella più mossa eppur soave "When I Was Here".
"Locust Land" non fatica molto nel guadagnarsi il titolo di miglior album del musicista dell'Illinois. Non perché gli album precedenti siano privi di classe, tecnica e scrittura, ma per quel brio avventuroso che libera l'ispirazione e conduce il musicista in nuovi territori, come quando intercetta il rock-
blues anni 70 nella psichedelica "Radiator" o quando prende per mano le note gentili di piano, chitarra e tastiera che introducono la
title track e trascina il tutto in un incandescente country-blues in chiave
post-rock. Sublime.
18/07/2024