Personalità artistica fondamentale nel processo di riscrittura delle coordinate del pop italiano contemporaneo, Dario Faini si è imposto come autore e produttore di tormentoni portati al successo da Elisa e TheGiornalisti (e da gran parte del mainstream nazionale), ha vinto il Festival di Sanremo 2019 con il brano scritto con Mahmood e ha fatto sfaceli nell'edizione 2020 componendo per Elodie e Rancore e producendo Eugenio in Via di Gioia. Parallelamente, attraverso i lavori pubblicati in proprio, si mantiene presente anche negli ambienti "alti" - ma molto meno frequentati - del modern classical.
Dardust attinge tanto alle esperienze internazionali di
Nils Frahm,
Sakamoto e
Ólafur Arnalds, quanto a quelle di casa nostra firmate
Bruno Bavota e
Ludovico Einaudi, ma ha la capacità di ampliare lo spettro sonoro integrando un tocco di modernità
cool, gli spunti electro ispirati da
Jon Hopkins e
Trentemoller. "S.A.D. Storm And Drugs" è un disco che alterna lievi introspezioni e improvvise increspature, oceani di tranquillità e crescendo epici, "Trainspotting" e
Sturm und Drang, architettato sul continuo palleggiamento fra neoclassicismi pianistici e strati liberatori di
beat fra il balearico e la techno berlinese.
Le prime due tracce, "Sublime" e "Prisma", sono composizioni da manuale, ma in realtà lo schema si ripete simile per la durata dell'intero album, eccezion fatta per la conclusiva "Beautiful Solitude", mantenuta a uno stato minimal. In qualche circostanza Dario aggiunge gli archi e il campionamento di
sample vocali, che approssimano il risultato finale a quell'universo
urban che frequenta ormai in pianta stabile in qualità di
producer.
L'unico momento più aggressivo (con qualche linea rappata sul finale) è "Sturm I - Fear", per il resto a trionfare è la malinconia, conseguenza di un periodo piuttosto delicato per Dario a livello personale. Ma nell'arte, si sa, è nei momenti difficili che si pongono i presupposti per le imprese migliori...
11/02/2020