Roberto Galati è uno dei nomi più interessanti di un panorama ambient-drone italiano che negli ultimi anni pare starsi sviluppando nel silenzio e nell'inconsapevolezza di molti. Di lui si era parlato già due anni fa, in occasione di quel “Floe Edge” che lo aveva visto condensare per la prima volta in un'opera su larga scala la lunga trafila di auto-produzioni che compone il suo ingente quanto poco noto catalogo. Una scoperta quasi casuale, di quelle che restano impresse, che oggi si rifà viva completando l'iter di una tardiva consacrazione con un contratto con Psychonavigation e un album nuovo di zecca.
“Godhavn” assume così le caratteristiche sonore del classico passaggio al piano superiore: Galati ha ormai trovato la quadra del suo stile, un ibrido fra i riverberi di nebulose gelide di casa Glacial Movements, la tradizione tutta italica di
Attilio Novellino ed echi neanche troppo velati della tradizione californiana di
Steve Roach e Michael Stearns. E proprio verso quest'ultima, terra soda e dall'approdo sicuro, il nuovo “Godhavn” pare propendere: iceberg e glaciazioni in omaggio all'amata Groenlandia sono infatti trascinate per direttissima in una regione del cosmo distante dal sole quanto pregna di una luce bianca ed accecante.
Il viaggio si articola in tre movimenti, il primo dei quali di fatto pesca in venti minuti dal Roach più rarefatto e inquieto, quello che confezionò con
vidnaObmana l'arcigno “InnerZone”. Droni in gravitazione asettica sfilano intrecciandosi in sciami fino al sopraggiungere di un battito lontano, primordiale, quasi un unico segno di vita a resistere al gelo imperante. Non c'è attività vitale alcuna, invece, nel secondo movimento, più breve e incentrato su una riproposizione dei canoni del primo filtrati per sottrazione sonora. Nei dieci minuti scarsi del terzo movimento la rarefazione se possibile supera ulteriormente sé stessa: scompaiono persino i droni e restano solo fruscii taglienti a dipingere l'atarassia del Mar Artico.
Meno emotivo e pittoresco e più contemplativo e descrittivo di quasi tutti i suoi parti precedenti, “Godhavn” saluta l'approdo di Roberto Galati fra le punte di diamante dell'ambient-drone
made in Italy. La scelta stilistica di sposare la tematica del ghiaccio nasce, come spiegato dallo stesso musicista, dalla voglia di portare avanti una tematica – quella del paesaggio artico e della Groenlandia – che è da sempre fonte di ispirazione prima della sua musica. Sul pratico, il suo velato avvicinamento a tale
soundworld non fa che rendere ipoteticamente sempre meno sorprendente la possibilità di vederlo a breve mettere la firma su quello che è forse il catalogo più bello d'Italia in ambito ambient. Prossima fermata Glacial Movements?
02/02/2014