John Cale

John Cale

Sinfonie in viola

La sua carriera di musicista e produttore abbraccia rock, pop, punk, colonne sonore, musica classica e avanguardia. Membro fondatore dei Velvet Underground, ha sempre sofferto lo schiacciante paragone con Lou Reed, mostrando però una fiera indipendenza artistica

di Antonio Puglia

Nato in Galles nel 1942, John Cale si forma artisticamente come musicista classico, imparando sin dall'infanzia a suonare le tastiere e la viola (che lui definirà "the saddest of all instruments" e che sarà parte fondamentale della rivoluzione velvettiana). Studente di musicologia al college, sviluppa una sensibilità artistica affine a compositori di avanguardia come Stockhausen, LaMonte Young e John Cage; questo lo porterà presto a entrare in diretto contatto con queste personalità, tant'è che nei primi anni 60 dal Galles si trasferisce a New York, dopo essere stato invitato da Cage stesso a collaborare come performer di pezzi composti da Eric Satie. Presto diventerà parte del progetto musicale di LaMonte Young chiamato "The Theatre of Eternal Music", insieme all'amico Tony Conrad e ad Angus MacLise (batterista originario dei Warlocks, nucleo originario di quelli che diventeranno i Velvet Underground); quest'esperienza si basava su lunghissime session strumentali basate sulla tecnica del bordone (mutuata dalla musica indiana, in inglese "drone"), che consisteva nel tenere la stessa nota per tutta la durata della performance: per l'occasione Cale apportò anche modifiche tecniche alla sua viola. Una di queste session verrà pubblicata nel 2000 in Inside The Dream Syndicate Vol 1: Day Of Niagara (1965).

Ma l'incontro che più di tutti segnerà la carriera di John Cale sarà quello col giovane Lou Reed, all'epoca squattrinato autore di canzoni destinate a gruppi fantasma per l'etichetta Pickwick. Con Reed, Cale scopre il rock'n'roll e trova il suo partner artistico ideale: nasce così il sodalizio che porterà alla nascita dei Velvet Underground. Cale contribuirà a dare forma e colore alle canzoni di Reed; a sua volta Reed aprirà nuovi orizzonti musicali a Cale, il quale, dopo l'esperienza con LaMonte Young, sembrava essersi cacciato in un vicolo cieco artistico. Grazie a John Cale, la musica classica, la sperimentazione e l'avanguardia irrompono nel rock. L'utilizzo di uno strumento classico come la viola (usata sia come contrappunto melodico che come fonte di selvaggio rumorismo), la tecnica del bordone, la predilezione per lunghe e orgiastiche jam strumentali, un approccio inedito, da "profano del rock", a strumenti convenzionali quali basso e tastiere: tutti questi sono elementi che caratterizzano i primi due inarrivabili, rivoluzionari album dei Velvet Underground: The Velvet Underground and Nico (1967) e White Light/White Heat (1968), in cui l'apporto di Cale è imprescindibile. Di certo, l'uscita di Cale dal gruppo ha contribuito all'erronea identificazione nell'immaginario collettivo di Lou Reed coi Velvet Underground, a prescindere dal suo contributo fondamentale. Com'è noto, il rock non sarà mai più lo stesso dopo i Velvet Underground.

Nella sua carriera post-Velvet, Cale ha battuto tantissimi sentieri: sessionman, arrangiatore, sperimentatore, compositore di colonne sonore, produttore; purtroppo non si è mai parlato a sufficienza del suo lavoro come songwriter, iniziato nel 1970 con l'album Vintage Violence. Estromesso dai Velvet Underground nell'ottobre del 1968 per volontà di Reed stesso (spinto dalle lusinghe del nuovo manager Steve Sesnick, lo stesso che due anni più tardi sarà causa del suo abbandono), dopo aver prodotto "The Marble Index" di Nico (di cui sarà negli anni assiduo collaboratore e vero e proprio deus ex machina, fino a "Camera Obscura" del 1985) e l'album di esordio degli Stooges di Iggy Pop ("The Stooges"), John Cale realizza il suo debutto discografico per l'etichetta Columbia. Vintage Violence è probabilmente l'album che nessuno si aspettava dal folle stupratore di viola dei Velvet Underground, e mette subito in luce le inedite potenzialità di Cale come autore di canzoni e di melodie, oltre quelle già note di strumentista e arrangiatore. Il disco è il compendio della sensibilità pop di Cale (prima della classicità di Paris 1919 e dell'acidità di Fear): un pop obliquo, a tratti scanzonato, venato di country, non esente però da una certa pesantezza di alcuni arrangiamenti (vero limite della produzione artistica di Cale, come sarà ancora più manifesto negli album successivi); le canzoni già presentano in nuce le caratteristiche principali del suo songwriting: spiccato senso della melodia ("Gideon's Bible"), intimismo acustico ("Amsterdam"), incubi claustrofobici ("Ghost story").

Dopo aver partecipato come sessionman a "Bryter Layter" di Nick Drake, Cale non dimentica la sua prima vocazione, ovvero l'avanguardia, e dà alle stampe Church Of Anthrax (1971), frutto della collaborazione col musicista elettronico Terry Riley; il disco è per lo più strumentale (eccezion fatta per la malinconica ballad "The Soul Of Patrick Lee", una gemma affidata alla voce di Alan Miller), intriso di psichedelia, divagazioni pianistiche, ritmi ossessivi convergenti in un sound ipnotico, a tratti vicino al free jazz. All'inizio del 1972, Cale è protagonista di un evento più unico che raro: il 29 gennaio si esibisce sul palco del Bataclan Club di Parigi in un concerto acustico insieme ai suoi ex compagni Lou Reed e Nico. La serata è memorabile, in virtù di una scaletta forte sia di classici dei Velvet Underground che di nuove canzoni soliste dei tre artisti; è di prossima uscita la forma ufficializzata del bootleg che documenta quel concerto.

Quello stesso anno Cale pubblica per la Reprise The Academy In Peril, altro album fortemente sperimentale e avanguardistico, composto da brani strumentali, con forti reminescenze del retaggio classico dell'artista.

E' dell'anno seguente (1973) quello che dai più viene considerato il primo capolavoro dell'artista gallese, ovvero Paris 1919, pubblicato dalla Warner (dalla quale Cale era stato ingaggiato come produttore artistico). L'album è frutto della perfetta fusione tra l'animo classico e l'animo rock dell'artista, qui in equilibrio invidiabile; i brani sono caratterizzati da un susseguirsi di registri diversi, ma allo stesso tempo sembrano rientrare in una visione piuttosto omogenea. Si va dal pop quasi beatlesiano di "A Child's Christmas In Wales" (pervasa da quei temi nostalgici che più in là caratterizzeranno l'altro capolavoro "Music For A New Society") alla mini suite da camera della title track, dalle atmosfere folk rarefatte di "Hanky Panky Nohow"e "Andalucia" al country hard-rock di "Macbeth" (forse unico momento debole dell'album), dall'enfasi orchestrale della drammatica "Endless Plain Of Fortune" alle atmosfere sognanti di "Antarctica Starts Here", vero capolavoro del disco, guidata dal piano elettrico e dalla voce sussurrata di Cale, per poi aprirsi in un crescendo di armonium e batteria, prima di spegnersi immediatamente dopo, così come era cominciata.
In Paris 1919 è ormai evidente la raggiunta maturità compositiva di Cale, che ha i suoi maggiori punti di forza in uno spiccato senso della melodia e in arrangiamenti curatissimi, anche se a volte un po' troppo ridondanti.

Alla fine dell'anno, Cale si trasferisce a Londra, dove nel biennio '74-'75 vivrà uno dei momenti artistici più felici e prolifici della sua carriera. Così come il movimento glam era stato ispirato dal rock oscuro dei Velvet Underground, le due principali menti di quel gruppo trovarono nei primi anni 70 a Londra nuovi stimoli artistici negli esponenti artisticamente più validi del glam stesso: Lou Reed trovò un mentore nell'icona David Bowie, John Cale entrò in stretto contatto con la cerchia degli altri alfieri del rock decadente, ovvero i Roxy Music, rispettivamente nelle persone di Brian Eno e di Phil Manzanera. Messo sotto contratto dalla Island Records, dopo aver partecipato al concerto celebrativo "June 1st, 1974" insieme a Kevin Ayers, Eno e Nico, Cale dà alle stampe tre album cruciali per la sua carriera (racchiusi nella raccolta The Island Years, uscita nel 1996), in cui la sua arte di songwriter si fonde perfettamente con certe istanze elettroniche e rumoristiche, fortemente influenzate dalla collaborazione con Eno e Manzanera (Cale ricambierà il favore partecipando a "Another Green World" e "Music For Films").

Tutto ciò è evidentissimo nel primo di questi lavori, Fear, la cui title track è probabilmente la sintesi massima dell'arte di Cale: una ballata pianistica che sfocia in puro delirio, rumori e urla convulse e psicotiche, in cui sono racchiuse quella paranoia e quel senso di claustrofobia che hanno sempre accompagnato Cale come componenti vitale della sua arte e della sua vita stessa: "La paura è la migliore amica dell'uomo". Oltre alla forte ascendenza del lavoro di Eno, nel disco è finalmente presente anche una delle maggiori influenze di Cale, i Beach Boys, omaggiati nella wilsoniana "The Man Who Couldn't Afford To Orgy" e ancor più direttamente in "Mr. Wilson", la prima traccia del successivo Slow Dazzle. Questo disco è in un certo senso una rilettura del rock'n'roll anni 50: emblematica la personalissima rivisitazione di "Heartbreak Hotel", caratterizzata da un riff ossessivo di chitarra, dai rumori elettronici di Eno e da una sofferta e intensissima interpretazione vocale; emblema della sofferenza e della disperazione venata di follia, questa canzone è un altro dei massimi vertici della produzione di Cale. Il resto dell'album contiene brani in sé validi (su tutte il classico "Guts", per molti versi accostabile a "Fear"), ma comincia a soffrire di una certa iperproduzione, come sarà ancor più evidente nel seguente Helen Of Troy. L'album uscirà alla fine del 1975 a insaputa di Cale per volere della casa discografica, e questo episodio porterà alla brusca cessazione del rapporto con la Island. L'album è più violento del predecessore, e, oltre a quelli già noti, contiene elementi pre-punk che caratterizzeranno il successivo periodo artistico di Cale; degna di nota è la cover di "Pablo Picasso" dei Modern Lovers di Jonathan Richman, gruppo che Cale stesso aveva da poco scoperto e prodotto.

Da quel momento in poi, inizia una nuova fase della carriera di Cale, che si apre con la produzione di "Horses" di Patti Smith, e che lo vedrà come uno dei protagonisti dei fermenti punk e new wave: diventa una presenza stabile nel circuito del CBGB'S di New York, "jamma" con i Talking Heads, produce i primi demo dei Police e lavori di gruppi punk seminali come gli Sham 69; la sua musica vira verso sonorità ancora più aspre e spigolose, di conseguenza i suoi show si fanno sempre più eccentrici: ricordiamo su tutti il famoso "Croydon Incident", in cui durante un concerto nel 1977 Cale decapitò un pollo sul palco, suscitando non poco sgomento tra il pubblico e i musicisti stessi.

Discograficamente il periodo non è dei più prolifici: oltre alla compilation Guts (che contiene il classico "Leaving It Up To You", estromesso da "Helen Of Troy" per riferimenti a Sharon Tate), Cale dà alle stampe soltanto l'Ep Animal Justice (1977), pregno di estetica punk (memorabile "Chickenshit", a cui probabilmente i Joy Division devono qualcosa) e l'album dal vivo Sabotage (1979), che testimonia concerti tenuti al CBGB'S quello stesso anno. Composto essenzialmente da inediti, l'album è un'istantanea del Cale "punk": urla nevrotiche, basso pulsante in stile new wave, chitarre lancinanti, ritmiche tra il ballabile e lo sfrenato, testi impegnati (lo sberleffo antimilitarista "Mercenaries"); il sound è crudo e diretto, ma non mancano momenti intensi come la tenera "Only Time Will Tell", affidata alla voce quasi infantile di Deerfrance (habituée del CBGB'S) e pervasa dalla viola di Cale, e l'epica conclusiva "Chorale". Interessante per questo periodo anche l'album Even Cowgirls Get The Blues, uscito a metà anni 80 e contenente canzoni inedite risalenti agli stessi concerti di "Sabotage".

All'inizio degli anni 80 Cale pubblica, oltre al singolo "Mercenaries" (che contiene "Rosegarden Funeral Of Sores", subito ripresa dai Bauhaus), l'album Honi Soit, che è in un certo senso un ritorno alle sonorità più "rock" dei dischi di metà anni 70, senza, però, la stessa carica innovativa; ciononostante, il disco contiene alcuni brani interessanti ("Riverbank" e "Magic And Lies", risalente al periodo di "Sabotage").

Dopo aver conosciuto e sposato la sua attuale compagna di vita Risè Irushalmi, Cale realizza nel 1982 il capolavoro della sua produzione "matura": Music For A New Society. Dopo aver esplorato i confini del rock, della classica e dell'avanguardia, Cale giunge infine a concepire una "nuova" musica, per una "nuova" società, appunto. Dietro queste istanze futuristiche, in realtà il disco è un luogo in cui l'artista è totalmente messo a nudo di fronte alle sue vive emozioni: la nostalgia, il rimpianto, ma anche l'immancabile claustrofobia. L'album è un susseguirsi di momenti di puro lirismo, che a tratti raggiunge la catarsi: la struggente "Chinese Envoy" (ispirata da un racconto di Guy de Maupassant), la nostalgica "Taking Your Life In Your Hands"; l'intensa "Broken Bird"; la disarmante "Close Watch", vetta del disco, già apparsa in "Helen Of Troy" con un arrangiamento decisamente pesante, qui in una versione che finalmente rende giustizia alla sua bellezza: solo piano e voce, interventi minimali d'organo, per chiudersi con un suono di cornamuse in lontananza, come a ricordare nostalgicamente le origini gallesi di Cale.
Non manca anche la consueta sperimentazione, come in "Damn Life", in cui Cale costruisce una canzone intorno all'"Inno alla gioia" di Beethoven. In quasi tutte le tracce (eccetto "Changes Made") il suono è scarnificato, minimale; spesso la voce si ritrova da sola, accompagnata soltanto da suoni/rumori in sottofondo: l'effetto è straniante ma allo stesso tempo bellissimo. In questa dimensione, l'arte di Cale raggiunge la sua forma più matura e originale, liberata da quelle pesantezze in fase di arrangiamento che avevano caratterizzato in negativo molti momenti del passato; difficilmente la sua produzione raggiungerà più tali vette. Negli anni successivi, infatti, la produzione di Cale soffre di un calo qualitativo, che raggiunge l'apice nel mediocre e trascurabilissimo Caribbean Sunset (trainato dall'imbarazzante singolo "Oh La La"), seguito dall'oggi introvabile live John Cale Comes Alive.

Nel 1985 esce Artificial intelligence, disco modesto, appena migliore del predecessore, che si fa comunque notare in certi episodi per interessanti soluzioni ritmiche affidate alle percussioni. Va ricordata in ogni caso la presenza di un altro dei classici di Cale, l'intensa e fortemente autobiografica "Dying On The Vine", che per lirismo e carica evocativa non avrebbe sfigurato su "Music For A New Society".

La restante metà degli anni 80, oltre a collaborazioni (soundtrack di "Syd And Nancy", 1986) e consuete apparizioni dietro alla consolle (debutto degli Happy Mondays, 1987) vedrà Cale coinvolto in due ambiziosi progetti di notevole spessore artistico, che culmineranno rispettivamente in Words For The Dying (1989) e Songs For Drella (1990). La prima di queste fatiche è la confezione discografica di un'opera che il Nostro ha realizzato a Mosca nel 1987, la "Falkland suite", pièce orchestrale divisa in sette parti, consistente per la maggior parte di poemi di Dylan Thomas, musicati e interpretati da Cale stesso, accompagnato da un'orchestra e da un coro di voci bianche. Il resto di Words For The Dying è "Songs Without Words", altra pièce strumentale in due parti; la chiusura del disco è invece affidata a una composizione originale di Cale , "The Soul Of Carmen Miranda", in cui è evidente lo zampino di Brian Eno, produttore del disco: quest'episodio apre la strada a Wrong Way Up, collaborazione tra i due del 1990.

L'altro progetto di Cale, oltre ad avere un notevole valore in sé, sarà anche gravido di conseguenze per l'immediato futuro della sua carriera. Songs For Drella è un ciclo di 15 canzoni composte e interpretate insieme a Lou Reed, che, dopo la morte di Andy Warhol (a cui il ciclo è dedicato) nel 1988, si era riavvicinato a Cale. Il risultato è quest'opera di rara bellezza, frutto delle sinergie di entrambi gli ex Velvet, ritornati dopo 20 anni a lavorare insieme. Portato sulle scene nel 1989, Songs For Drella viene pubblicato l'anno dopo, ed è senz'altro una delle vette nella discografia di entrambi i "reduci": non è solo un sentito, schietto e affettuoso omaggio alla vita del loro mentore Warhol (nonché un flashback dei loro giorni alla Factory...), è anche una sintesi della loro arte, in cui le rispettive parti, in perfetto equilibrio, fanno di questo ciclo di canzoni un'opera unica e irripetibile. Questo riavvicinamento fra i due ex compagni porterà gradualmente a un'inaspettata ed estemporanea reunion dei Velvet Underground, che nel 1993, nella loro formazione originale, intraprenderanno un fortunato tour europeo (immortalato in un doppio cd e in una videocassetta) che, una volta riaffiorati i vecchi dissapori, si concluderà bruscamente ponendo definitivamente fine alla storia dei Velvet Underground (complice anche la morte di Sterling Morrison, nel 1995).

Gli anni 90 si aprono così con il già citato Wrong Way Up, scritto a quattro mani con Brian Eno, che è anche il principale interprete vocale del disco; tra le composizioni affidate alla voce di Cale, svetta la suggestiva "Cordoba". Gli anni 90 vedranno Cale impegnato principalmente sul versante delle colonne sonore (ricordiamo fra le tante "Paris s'eveille", "Eat/Kiss", "Basquiat", "American Psycho"); produrrà alcuni brani di "The Rapture", album del temporaneo ritorno di Siouxsie & the Banshees (e si è anche vociferato di una sua possibile produzione dell'album "Da Qui" dei nostrani Massimo Volume); come interprete, oltre alla partecipazione al tributo a Leonard Cohen "I'm The Man" (in cui contribuisce con una bellissima versione di "Hallelujah", ripresa poco tempo dopo da Jeff Buckley), nel 1992 fa uscire un album dal vivo intitolato Fragments Of A Rainy Season. Questo disco, che vede Cale interpretare i suoi classici alternandosi fra chitarra acustica e piano, oltre a essere una summa della sua carriera è anche una delle più belle e intense testimonianze dell'arte di Cale, come autore e come performer. Le sue canzoni, liberate da ogni orpello, acquisiscono qui una dimensione inedita, fuori dal tempo: la performance è catarsi, la simbiosi tra l'artista e la sua opera è totale. Cale in concerto vive le sue canzoni, non ne è il semplice esecutore. La musica non è né pop, né rock, né classica: è, semplicemente, la musica di John Cale. Per chi dovesse accostarsi alla sua opera dal nulla, Fragments Of A Rainy Season è un ottimo punto di partenza.

A parte la compilation Seducing Down The Door (operazione replicata nel 1999 con Close Watch: An Introduction To John Cale) e la collaborazione con Bob Neuwirth nel 1994 (Last Day On Earth, ciclo di canzoni recitate), negli ultimi anni 90 la produzione "rock" di Cale si è limitata a Walking On Locusts (1996). Questo disco, che si avvale in alcuni episodi della collaborazione di David Byrne, presenta sonorità etniche ed è ennesima spia della peculiare concezione del rock da parte di Cale: una musica libera da ogni definizione di sorta, dove ogni contaminazione è lecita. Anche se i risultati sono alterni, Walking On Locusts resta un album interessante.

Ai nostri giorni, Cale non ha cessato la sua produzione di colonne sonore ("Paris", 2002); ha collaborato con Super Furry Animals ("Rings Around The World", 2001), Jools Holland e Gordon Gano ("Hitting The Ground", 2002). Nel 2003 è tornato al "rock" con l'album Hobosapiens, preceduto dal discreto Ep 5 tracks (notevole "E is missing", dedicata a Ezra Pound).Oggi John Cale mostra di essere in ottima forma: Hobosapiens è un album che sorprende per scelte di arrangiamento, per suoni (il Nostro ha confessato di provare ammirazione per le sonorità della Beta band e per gruppi come i Radiohead), per la forma sempre in bilico fra canzone e sperimentazione. La sua proposta non è certo facile (non lo è mai stata, d'altronde), ma l'ultima fatica del signor Cale è un disco profondo, ispirato, ricco di episodi che sanno sorprendere, dall'apertura elettronica, quasi hip-hop, di "Zen", a "Look Horizon" (come non emozionarsi al suono di quella viola, sotto un tappeto sonoro tra jazz ed elettronica?), da "Things" (presente in due versioni, una "pop" e una molto "acida"), alla simil-house scanzonata di "Bycicle", dalla solarità (apparente!) di "Reading My Mind", che fa da commento musicale a una bizzarra vicenda che rievoca, grazie anche a recitati in italiano, certe atmosfere dei nostri film anni 50, fino alla chiusura di "Over Her Head", climax del disco, con la sua drammaticità e il suo crescendo fino alla sorprendente ed esplosiva conclusione noise, ancora guidata dalla viola. E a ogni nuovo ascolto c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire; ogni traccia sembra avere il suo segreto nascosto.

Ultrasessantenne, l'ex Velvet Underground dimostra di essere ancora uno degli artisti più interessanti in circolazione, confermando di essere sempre all'altezza di quel ruolo fondamentale che negli anni, anche se spesso fuori dalle luci della ribalta (un po' volutamente, un po' ingiustamente), ha ricoperto in seno alla musica moderna.

Black Acetate (2005) si riporta su sonorità più canoniche. "GravelDrive" è il brano più "passatista" dell'opera, una soave ninnananna dall'introduzione estatica di synth, arpeggio sereno e il Waits delle mitiche ballad a fare capolino dal registro vocale. L'amico Brian Ferry sembra invece svettare dal canto fiero e suadente di "ForARide", con chitarre imbevute di flanger che danno luogo a una coda distorta di sinfonismo rock. "InAFlood" è un brano roots con banjo e synth, e "Satisfied" distende un'oasi d'archi e xilofono a sostenere un chorus che entra in risonanza con l'orchestrazione. L'overture ("OuttaTheBag"), invece, vira verso tinte glam secondo un falsetto Stevie Wonder, un basso electro-gommoso d'ispirazione acid-jazz e leggere intromissioni del campionatore. In "Hush" l'atmosfera si fa all'inizio quasi industrial-dance, ma è poi attenuata da un sing-along di soul vocale di buona fattura. "Brotherman" azzarda sperimentalismo con associazioni electro, un canto uno e trino (declamato, falsetto e cupo lo-fi) e operazioni di discreto cut-up sull'armonia generale.
La terza dimensione dell'album (ri)scopre un Cale rocker genuino e impavido, soprattutto nella terna "Perfect"-"Sold-Motel"-"Woman". Cale si concede una libertà electro-rock che scaccia i fantasmi della vecchiaia, proprio come fa la sua viola quando introduce magnificamente il chorus della fantasmagorica "Wasteland", o nel crescendo di arrangiamenti surreali nella coda dell'inno metafisico di "Mailman (TheLyingSong)" che chiude il disco.

Il grande violista torna infine con Shifty Adventures In Nookie Wood (2012), con cui abbandona quasi del tutto la desolazione metropolitana e si lancia in una forma di ballo intellettuale reminiscente del synth-pop.
Cale suona goffo ("I Wanna Talk 2 U", scritta e prodotta con Danger Mouse, "Hemingway"), ma - grazie anche all'alto apparato di produzione - sa ancora elevarsi in cantici di riscoperta del suo folklore come "Living With You" o in meditazioni come "Mary", e dotarsi fino all'eccesso degli usuali suoni d'avanguardia come in "Midnight Feast".

 

Nonostante la pubblicazione di M:FANS nel 2016 (una rilettura dance-elettronica di Music For A New Society) il vero ritorno di John Cale avviene nel 2023 con Mercy, un apocalittico amalgama di hip-hop, r&b, funk ed electro-soul che evoca l’urban-soul dei Blue Nile, il Bowie di “Station To Station” e “Blackstar”, il transumanesimo di Tom Krell e il sontuoso rap di Kendrick Lamar
Mercy è un album amaro, statico, algido, John Cale mette in scena un solenne rituale sonoro, con la complicità di molti nomi di rilevo della musica moderna: la voce di Weyes Blood in “Story Of Blood” affranca la melodia più ariosa, eterea e fantasiosa, Laurel Halo amplifica le luci al neon che illuminano la title track, l’ambigua seduzione degli Animal Collective corrompe il psych-soul di “Everlasting Days”, ed è eversivo il depistaggio dei Fat White Family nell’ibrido funk/r&b di “The Legal Status Of Ice”.
Nessuna rivoluzione copernicana contrassegna Mercy, quantunque la sperimentazione resti alla base dell’intero progetto, più taglienti sono senz'altro i testi (apocalissi ecologica e crisi dell'Europa), mentre le sonorità sono untuose, avvolte in sonorità avant-soul proiettate in un plumbeo futuro remoto, al pari delle migliori pagine di Hats dei Blue Nile (“Noise Of You”, “Not The End Of The World”) o del già citato Duca Bianco (“Night Crawling”). 
Mercy è l’album, forse l’ultimo, di un artista consapevole che tutto è stato detto e nulla è stato compreso, gli oltre settanta minuti, distribuiti in 12 tracce, sono alfine un testamento spirituale (al pari dell’ultimo Bowie o dell’ultimo Cohen), un improbabile ed estremo capolavoro nichilista che più che alla riflessione induce all’astrazione.

 

Contributi di Michele Saran ("Black Acetate" e "Shifty Adventures In Nookie Wood"), Gianfranco Marmoro ("Mercy")

John Cale

Discografia

Vintage Violence (Columbia 1970)

Church Of Antrax with T. Riley (Columbia 1971)

The Academy In Peril (Reprise 1972)

Paris 1919 (Reprise 1973)

Fear (Island 1974)

June 1st, 1974 with Kevin Ayers, Brain Eno, Nico (1974)

Slow Dazzle (Island 1975)

Helen Of Troy (Island 1975)

Guts (island 1977)

Sabotage/Live (Spy 1979)

Honi Soit (A&M 1981)

Music For A New Society (Island 1982)

Caribbean Sunset (Island 1984)

John Cale Comes Alive (Island 1984)

Artificial Intelligence (Beggars banquet 1985)

Even Cowgirls Get The Blues (Roir 1987)

Words For The Dying (Opal 1989)

Songs For Drella with Lou Reed (Sire/Warner 1990)

Wrong Way Up with Brian Eno (Opal/Warner 1990)

Fragments Of A Rainy Season (Hannibal 1992)

Seducing Down The Door - A Collection 1970-1990 (Rhino 1994)

Last Day On Earth with B. Neuwirth (Mca 1994)

The Island Years (Island, 1996)

Walking On Locusts (Hannibal 1996)

Close Watch - An Introduction To John Cale (Island 1999)

Inside The Dream Syndicate Vol 1: Day Of Niagara with Tony Conrad, Angus Maclise, LaMonte Young, Marian Zazeela (Table of the Elements 2000)

5 tracks (Ep, Emi 2003)

Hobosapiens (Emi, 2003)

Black Acetate (Emi, 2005)

Shifty Adventures in Nookie Wood (Double Six, 2012)
M:FANS (Double Six, 2016)
Mercy (Double Six, 2023)
Pietra miliare
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