Caetano Veloso

Caetano Veloso

La coscienza della Música Popular Brasileira

Per qualche motivo, il pubblico generalista italiano è convinto che Caetano Veloso faccia parte dell'universo jazz. Capita nei negozi di dischi di trovarlo in quella sezione, per non parlare degli inviti che riceve ai nostri festival sul tema. In realtà la sua carriera stellare, lunga ormai mezzo secolo, non è mai deragliata dal sentiero pop-rock

di Federico Romagnoli

Introduzione

Nella speranza di non urtare la sensibilità di chi fosse ferrato sull'argomento, si ritiene opportuno fare qualche cenno alla situazione politica e sociale del Brasile anni Sessanta, perché tutto ciò che Caetano Veloso è stato, lo deve non solo alla propria sensibilità, ma anche al contesto in cui si è trovato.
Caetano - come a lui si riferiscono i brasiliani - nasce il 7 agosto 1942 a Santo Amaro, nello stato di Bahia. La sua famiglia, non ricca, è comunque abbastanza benestante da poter far crescere i suoi sette figli con una degna istruzione e a contatto con l'arte. Sin dall'adolescenza si appassiona al cinema - Fellini in testa - e alla musica. Nel 1958, mentre ascolta la radio, rimane incantato da una canzone interpretata da Marisa Gata Mansa, "Chega de saudade".
L'anno successivo quello stesso brano intitola l'album di debutto di João Gilberto. Caetano lo acquista e in quel momento l'interesse per la musica sopravanza tutti gli altri. João interpreta la tradizione brasiliana come nessuno ha mai fatto. I classici dell'immaginario brasiliano fra le sue mani diluiscono la radice samba e pur mantenendo gli arrangiamenti percussivi, ne smorzano l'impeto. A ciò si aggiunge il supporto ritmico della chitarra classica, che ricama con accordi raffinati e spunti jazzistici, e la voce solista, rigorosamente malinconica. Se oggi quella musica, passata alla storia come bossa nova, è parte dei programmi di numerose scuole brasiliane, c'è un motivo preciso: il suo apporto ha cambiato il volto culturale di quel paese.
Sull'argomento Caetano ha una visione personale e non stereotipata. Mentre i più in quel momento leggono la bossa come un riscatto della musica brasiliana rispetto alla più frivola stagione del samba radiofonico, lui la interpreta come una valorizzazione di ciò che l'aveva preceduta. Una diversa prospettiva di osservare materiale che comunque, già di per sé, costituiva l'ossatura dei sentimenti del paese. In sostanza, se quell'album di João è composto in buona parte da classici della canzone popolare, non è un caso.
Nel 1960 Caetano e sua sorella, Maria Bethânia, si trasferiscono a Salvador per studiare. L'università lo stimola da subito e fra i vari, segue anche corsi di teatro e danza. Il rettore Edgard Santos, ricordato come uno degli intellettuali più importanti dell'epoca, non nascose del resto la sua simpatia per le materie di stampo umanistico, alle quali dedicava cospicui fondi, attirando a Salvador nomi di spicco delle avanguardie artistiche mondiali, in veste sia di ospiti occasionali, sia di insegnanti. In quel periodo Caetano entra così a contatto col teatro sperimentale, con il cinema d'essai e con la musica colta, esperienze che gli sarebbero state utili nel corso della carriera.
Nel 1963, sempre a Salvador, riesce a conoscere Gilberto Gil utilizzando una conoscenza comune. Aveva notato Gil durante alcune esibizioni canore per una televisione locale e ne era rimasto colpito. Fra i due l'alchimia è immediata e Caetano ne approfitta per farsi dare lezioni di chitarra e perfezionare la propria tecnica, all'epoca rudimentale. Verso la fine dell'anno una ragazza particolarmente timida entra nel loro giro. Appena la sentono cantare capiscono di avere a che fare con un talento, intuizione non peregrina visto che di lì a qualche anno sarebbe diventata una delle cantanti più famose del Brasile, col nome d'arte di Gal Costa.

I primi passi verso il successo


Nel marzo del 1964 la situazione politica precipita e i militari attuano il colpo di stato che soggiogherà la nazione per un ventennio. Proprio in quell'anno Caetano viene scritturato da João Augusto Azevedo, personalità influente del circuito teatrale locale, per organizzare alcuni spettacoli dal contenuto musicale. Chiama così a raccolta Gil, Gal, Maria Bethânia e l'amico Tom Zé, dotato a suo dire di una notevole tenuta del palco. Gli spettacoli - "Nós por exemplo", "Mora na filosofia" e "Nova bossa velha, velha bossa nova" - si trasformano in piccoli eventi, dove i personaggi coinvolti si prodigano fra grandi classici della musica locale e inediti creati per l'occasione da Caetano, Gil e Zé, il tutto intermezzato da siparietti surreali.
La star Nara Leão, in tournée da quelle parti, viene a contatto con la compagnia e rimane impressionata in particolare da Bethânia. Quando all'inizio del 1965 un problema alle corde vocali la costringe a rinunciare al musical "Opinião", Nara indica senza indugi la ragazzina, all'epoca ancora minorenne, come sua unica sostituta all'altezza. Bethânia si separa così dagli amici e vola a Rio de Janeiro, accompagnata da Caetano. Il regista Augusto Boal la scrittura al volo, consegnandola a un debordante successo di pubblico. In particolare con il brano di protesta "Carcarà", scritto da João do Vale, manda in delirio gli astanti.
Le canzoni dello spettacolo vengono presto incise e formano un epocale album di debutto, intitolato semplicemente "Maria Bethânia". La neonata stella riesce a inserirci alcuni brani firmati dal fratello: è la prima volta che il nome di Caetano compare in un disco. A dare la statura del giovane autore sono in particolare "De manhã", splendida bossa orchestrale che descrive gli elementi tipici della mattina, con tanto di chicchirichì, e "Sol negro", un pianto d'amore per sole voce e chitarra: "Da quanto tempo lui se n'è andato, così lontano, oltre il mare, oltre le braccia di Iemanjá". La figura evocata al termine del brano è una semidea della mitologia yoruba: Veloso si mostra da subito incline alla commistione culturale e al citazionismo, inglobando immagini mistiche, elementi naturali e - più avanti - simboli consumistici.
Rientrato a casa una volta terminata la tournée della sorella, Caetano si impegna in alcune produzioni teatrali di scarso successo, per poi tornare a Rio nell'estate del '66, dove nel frattempo s'erano trasferiti tutti i suoi compagni d'avventura. Lì viene accolto da nomi di spicco della musica locale, quali Sylvia Telles e Edu Lobo, che ne avevano apprezzato le canzoni per la sorella e l'avevano incontrato di sfuggita l'anno prima. Con simili conoscenze, l'ingresso ai piani alti della scena è quasi immediato.
È l'ottobre del '66 quando una sua canzone vince il premio per il miglior testo al Festival de Música Popular Brasileira. "Um dia" non è in verità fra le sue migliori e Maria Odette la interpreta in maniera tutt'altro che memorabile. Sembra pensarlo anche il regista, che le nega a più riprese l'inquadratura per puntarla su Caetano, accucciato a terra in mezzo alla calca della platea, in quella che è di fatto la sua prima apparizione televisiva.

caetano_e_bethaniaLa guerra delle chitarre elettriche

Nel luglio del '67 esce Domingo, il tanto atteso album di debutto, cointestato a Gal Costa. Cinque canzoni sono cantate da lei, quattro da Caetano e tre in duetto. Caetano firma otto brani su dodici e allega al disco una dichiarazione in cui tiene a precisare che la sua musica si muoverà di lì a breve verso nuovi orizzonti. Prodotto da Dori Caymmi, figlio del grande Dorival, Domingo è infatti un disco assolutamente fedele al credo bossa nova. Applaudito quanto si vuole da giornalisti e colleghi (Tom Jobim in persona riprenderà "Coração vagabundo"), ma non ciò a cui mira l'artista, sempre più irrequieto. In particolare dopo che Bethânia l'ha spronato e convinto a provare le chitarre elettriche.
Proprio le chitarre elettriche saranno le involontarie protagoniste di uno degli episodi più clamorosi di quell'estate brasiliana. "O fino", programma televisivo condotto da Elis Regina, viene infatti chiuso perché non regge la concorrenza di "Jovem guarda" di Roberto Carlos. Il motivo è di carattere musicale: Elis continua imperterrita a cantare samba e bossa nova, mentre Carlos s'è lasciato sedurre dalla British invasion e ha attaccato la spina alle chitarre. Il pubblico più giovane s'è schierato all'istante dalla sua parte.
Abituata a stare al centro della scena, Elis va su tutte le furie e decide di organizzare un nuovo programma, "Frente única". Per fare sì che se ne parli, indice per il 17 luglio una marcia contro la barbara musica straniera. Gilberto Gil è costretto a partecipare controvoglia, in quanto Elis l'ha preso sotto la sua ala protettrice, così come il cantautore Chico Buarque, che ha accettato di condurre alcune puntate della trasmissione, ma che non si trova a suo agio in certi eccessi ideologici. Caetano invece non si presenta e anzi, al culmine del disgusto, a pochi giorni di distanza accusa pubblicamente quei manifestanti di sostenere ideali a un passo dal nazismo. Gonfio di contrasti interni, il programma chiude dopo poche settimane.
Intanto si avvicina di nuovo il Festival de Música Popular Brasileira. Caetano e Gil si iscrivono questa volta in prima persona e con un obiettivo ben preciso: portare sul palco delle roboanti chitarre elettriche. I due non sono però soddisfatti dell'uso che ne fa Roberto Carlos, che pur avendo svecchiato la musica brasiliana ne propone una versione comunque abbastanza leggera e melensa (almeno in apparenza). Il "Sgt. Pepper" beatlesiano suggerisce loro in che direzione muoversi. Tipetto piuttosto ambizioso, Caetano non vuole però limitarsi a seguire il disco dei Beatles, vuole superarlo. Stimolato dalla visione radicale di "Terra in trance" di Glauber Rocha, uno dei capolavori del cinema brasiliano, si convince che l'unica cosa che possa salvare la musica brasiliana dall'immobilità ormai quasi decennale della bossa nova - che ha sempre amato, ma che era ormai diventata involontario stemma dei peggiori integralisti xenofobi - sia un atto di violenza. Scrive così un brano che è un'offesa alla tradizione brasiliana e durante una serata in un locale di Rio scova i Beat Boys, quintetto di immigrati argentini dal nome programmatico. Li assolda all'istante.
Il festival si svolge in ottobre in un clima tesissimo. Il pubblico è diviso, oltre che fra le tifoserie dei vari cantanti, fra favorevoli alle chitarre elettriche e tradizionalisti. In ambo i casi volano valanghe di fischi. Quasi nessuno sfugge alle contestazioni e molti cantanti si esibiscono in condizioni pietose, non riuscendo neanche a sentire la propria voce. Il brano con cui Caetano affronta il festival si intitola "Alegria, alegria". I fischi scattano all'istante, ma le chitarre cariche di fuzz e l'organo elettrico li sovrastano, quando poi il cantante intona quell'immortale melodia a un passo dal samba, con un testo carico di immagini, il pubblico capitola e lo applaude con calore. Il giorno della finale sono tutti dalla sua parte, e quando si esibisce cantano in coro: "Io bevo una Coca Cola, lei pensa di sposarsi, e una canzone mi consola, io vado... attraverso immagini e nomi, senza libri e senza fucile, senza fame senza telefono, nel cuore del Brasile". La canzone viene piazzata al quarto posto dalla giuria, ma il singolo vende oltre centomila copie e tutte le radio lo trasmettono con insistenza.

Caetano Veloso (1968)

Si arriva così al suo primo album da solista. Registrato di gran lena dopo il successo di "Alegria, Alegria", viene prodotto da Manoel Barenbein, giovane di talento affascinato dalla musica rock, cui non pare vero di poter lavorare a un disco che - a detta del suo intestatario - dovrebbe suonare come una collisione fra psichedelia e tradizione.
In apertura c'è "Tropicália", una dichiarazione d'intenti. Anzitutto per il testo, che è uno dei più avanguardistici apparsi nella musica pop-rock mondiale fino a quel momento, un frullato di simboli e fotografie a tinte forti: "Sopra la mia testa gli aeroplani, sotto i piedi i camion, punta verso gli altipiani il mio naso, io organizzo il movimento, io oriento il Carnevale, io inauguro il monumento sull'altopiano centrale della nazione, viva la bossa-sa-sa, viva la capanna-na-na". La bossa nova, musica simbolo della borghesia brasiliana, e la capanna, in cui ancora vive una cospicua fetta della popolazione più povera, elencate una accanto all'altra a rappresentare le tante contraddizioni del paese. Il finale è una scarica di citazioni pop: "Che tutto il resto vada all'inferno, tesoro, viva la banda-da-da, Carmen Miranda-da-da". "Quero que vá tudo pra inferno" era una canzone di Roberto Carlos, "A banda" una di Chico Buarque, Carmen Miranda la celebre attrice anni Quaranta con il turbante ricolmo di frutta. Arrangiato dal maestro Júlio Medaglia, il brano è un trionfo di percussività tropicale e orchestrazioni ardite, una sorta di samba stravinskiano, tutto saliscendi e suoni inusitati.
Nel garage-pop di "Superbacana" tornano le chitarre elettriche, suonate dagli RC-7, il gruppo che all'epoca accompagnava Roberto Carlos, mentre "Clara", in duetto con Gal Costa e orchestrata da Sandino Hohagen, è un pop esotico completamente dissonante. Impossibile quindi tralasciare il mambo elettrico "Soy loco por ti, América" (scritto da Gilberto Gil come dedica alla rivoluzione cubana e cantato parte in portoghese, parte in spagnolo), la jazzata "Anunciação" (coperta con rintocchi di vibrafono dal volume smodatamente gonfiato) e la conclusiva "Eles", ibrido fra baião e blues psichedelico, con percussioni, assoli elettrici, violente folate d'organo e l'apporto ritmico della viola caipira. In quest'ultimo brano lo accompagnano i Mutantes, band di teenager scoperta pochi mesi prima da Gilberto Gil.
L'album viene accolto molto bene dal giornalista Nelson Motta, che scrive più di un articolo in cui lo indica fra i simboli del movimento tropicalista. Il tropicalismo si basa su un manifesto pubblicato da Motta proprio in quel periodo, in cui si afferma che l'arte dei paesi tropicali sarà libera e creativa solo quando potrà autocelebrarsi sino a sfociare nel grottesco e nella deformazione della propria immagine. Il cantante non è pienamente convinto di volere far parte di una corrente basata su una regola così rigida, gli sembra una contraddizione rispetto alla libertà che il manifesto professa. Quando però il termine attecchisce ovunque, decide di aderire.

Tropicalia ou Panis et circencis (1968)

caetano_veloso_3Sempre più famosi, Caetano e Gil sono ormai fissi in televisione, ospiti di diversi programmi. Motta rimane infastidito dalla cosa e li accusa di aver corrotto il movimento con un atteggiamento consumistico e spregiudicato. Le sue parole non toccano però i due artisti, che proseguono per la propria strada e decidono di sfruttare il momento di popolarità con un album manifesto, cui dovrebbero partecipare tutti quelli del giro: Bethânia, Nara Leão, Gal Costa, i Mutantes e Tom Zé. Se Bethânia si tira fuori dal progetto (da quando all'inizio della sua carriera "Carcarà" ha rischiato di imprigionarla nei panni della cantante di protesta, non vuole più avere niente a che fare con alcun movimento), tutti gli altri aderiscono con entusiasmo.
Prodotto da Barenbein e arrangiato dal maestro Rogério Duprat, che aveva già collaborato con Gil, il disco vede Caetano svolgere la parte del leone: compare in veste di interprete o autore in dieci brani su dodici.
Suo è l'adattamento di "Coração materno" del vecchio cantore Vicente Celestino, orchestrato da Duprat e interpretato con un fare dimesso opposto alla drammatica versione originale. Sua è "Baby", cantata da Gal, dove la bossa nova sembra tornare finalmente a esprimere qualcosa di nuovo, grazie alla perfetta vocalità pop e agli archi dal sapore cinematografico. Sua è "Lindonéia", cantata da Nara, una sorta di paso doble nuovamente propulso dagli archi e grondante violente istantanee di vita di strada ("Distrutti, investiti, cani morti per le strade, la polizia che guarda, il sole che picchia sulla frutta, sanguinando"). Sua è "Enquanto o seu lobo não vem", dove Gil e Rita Lee dei Mutantes lo accompagnano ai cori: marcia a metà fra folk e Stravinsky, testo che invoca Getúlio Vargas (eroe nazionale brasiliano in veste sia di dittatore illuminato, sia di presidente eletto) come evidente provocazione contro la giunta militare al potere in quel momento, nonché curioso esempio di canzone autoreferenziale (quando Rita annuncia "os clarins da banda militar" subito irrompono trombe dal sapore marziale). Firmato a quattro mani con Gil e interpretato dai Mutantes, "Panis et circenses" è un pop psichedelico dove Barenbein si scatena fra suoni deviati, distorsioni e rumori. Ancora firmato con Gil, "Bat Macumba" è infine un isterico scioglilingua indianeggiante cantato tutti in coro appassionatamente.
"Baby" diventa il terzo singolo più venduto dell'anno, rendendo Gal una star e confermando il momento magico dei bahiani.

Il celebre discorso contro gli studenti

Purtroppo, anche se Caetano ha ormai frotte di fan, c'è una fascia della popolazione che ne detesta il personaggio. Il suo vestiario eccentrico ed esageratamente colorato, il suo fare delicato e il profilo intellettuale dei testi gli valgono presto l'appellativo di "frocio" da parte delle frange più estreme, sia di destra sia di sinistra. Anche fra i colleghi c'è del malcontento, Edu Lobo gli toglie per esempio il saluto in seguito alla decisione di passare alla musica elettrica.
Una banale popstar in cerca di consensi farebbe marcia indietro scegliendo un profilo più allineato, ma non Caetano, che sente di essere in missione. Decide così di sfidare apertamente i conservatori iscrivendosi al Festival Internacional da Canção del 1968. Si presenta sul palco con un accecante vestito in plastica fosforescente, accompagnato dai Mutantes. Se il testo di "É proibido proibir" è un accorato manifesto contro i totalitarismi, la musica è quanto di più sperimentale si fosse sentito in Brasile fino a quel momento: chitarre distorte all'inverosimile, una lunga introduzione cacofonica e un finale zeppo di rumori.
Passa il primo turno grazie ai voti della giuria, ma il pubblico è sconcertato e la sera della finale una folla di contestatori si raduna nel teatro. Appena sale sul palco gli si rovescia addosso una valanga di fischi e oggetti. Caetano è profondamente deluso, soprattutto perché i contestatori sono perlopiù studenti e giovani militanti di sinistra: in un momento in cui la sinistra dovrebbe rappresentare l'opposizione alla giunta dei militari, è invece il primo organo che - forte dell'ideologia che vede nella cultura anglofona una fonte di corruzione - reprime chiunque tenti di smuovere la scena e le coscienze della nazione. Preso dalla rabbia, smette di cantare e si sfoga con un discorso destinato a segnare la storia della cultura brasiliana.
"Ma è questa la gioventù che dice di voler prendere il potere? [...] È la stessa gioventù che domani ucciderà il nemico che è già morto ieri! [...] Il problema è questo, voi volete controllare la musica brasiliana in modo poliziesco". A quel punto Gil - la cui canzone "Questão de ordem" è stata eliminata poche sere prima - sale sul palco per sostenere l'amico e Caetano continua: "Gilberto Gil è al mio fianco per farla finita con questo festival e con tutta l'imbecillità che regna in Brasile. [...] Noi, io e lui, abbiamo avuto il coraggio di entrare in tutte le strutture e di uscirne, e voi? Se trattate la politica come trattate l'estetica siamo a posto". Dopodiché riprende a cantare, stonando in maniera plateale, e in un ultimo atto di sdegno verso l'intero baraccone, si rivolge ai giurati: "Fuori tono, senza melodia... come va giuria? Non vi colpisce? Avete bocciato la canzone di Gil? Eravate fuori. Gil vi ha fuso il cervello eh?"
Uscito dal palco fra gli improperi, abbandona il teatro per non farvi più ritorno. Poche settimane dopo "É proibido proibir" esce come singolo: sul primo lato la versione in studio, sul secondo quella dal vivo con tanto di sfogo. Purtroppo, nonostante l'enorme risonanza dell'incidente, le sonorità sono troppo estreme e le vendite latitano. A oggi la canzone non fa parte di nessun album di Caetano.

Caetano Veloso e os Mutantes ao vivo (1968)

Si chiude l'anno con un Ep dal vivo. Sempre a fianco dei Mutantes, continua con la sua opera sabotatrice, presentando versioni distorte e feroci di brani che ha fatto lanciare pochi mesi prima da Gal ("Baby", "Suadosismo") e della grande sambista Araci de Almeida ("A voz do morto"). Compare anche una cover di "Marcianita", dell'argentino Billy Cafaro.

Caetano Veloso (1969)

Se gli studenti sono un avversario alla sua portata, difficilmente si può dire lo stesso dei militari, che nell'autunno del '68 interrompono una serie di esibizioni di Caetano e Gil a causa di alcune provocazioni ritenute eccessive (cartelli che inneggiavano all'emarginazione, inni patriottici storpiati, grida, balletti sensuali e via dicendo). Quegli eventi hanno però grande risonanza e i due riescono a ottenere uno spazio televisivo da gestire a proprio piacimento. Lo intitolano "Divino, maravilhoso", come la canzone che hanno appena composto per Gal. Lo spettacolo è addirittura più estremo dei concerti che l'hanno preceduto: Gil arriva a travestirsi da Cristo, mentre Caetano - fra un brano tradizionale reso irriconoscibile e l'altro - si punta una pistola alla tempia.
Il tempismo è pessimo, visto che il 13 dicembre 1968 entra in vigore un emendamento che di fatto sospende il parlamento brasiliano. I militari sono così liberi di dare l'ultimo giro di vite alla libertà di stampa e d'espressione: lo show viene soppresso e pochi giorni dopo Caetano e Gil vengono arrestati. Passati un paio di mesi in carcere, ne escono con l'obbligo di non allontanarsi da Salvador e di non comparire su alcun media. È in queste condizioni che registrano i loro album del 1969. Rogério Duprat gli fa incidere dei demo voce-chitarra e poi completa il lavoro in studio a San Paolo, insieme a Barenbein e al chitarrista elettrico Larry Gordin, in assenza dei relativi intestatari.
Ogni recensione che tratti questo disco mira a sottolinearne il carattere depresso. Non si fatica a capire il motivo: il canto è dimesso, a tratti quasi biascicato. Caetano è a terra durante le registrazioni e neanche gli arrangiamenti spericolati, che pure vivacizzano di molto l'atmosfera, riescono a togliere il retrogusto amaro.
"Irene", il brano più noto della scaletta, è uno splendido pop-folk dove si fa subito spazio l'indole ribelle di Gordin, strumentista visionario ben disposto verso l'effettistica, le distorsioni e la deformazione di funk e blues. Il brano procede pacato anche se trafitto da saltuarie stilettate elettriche, ma sul finale entra un vero e proprio assolo, tutto fuzz e miagolii. Il capolavoro è però "The Empty Boat", primo brano di Caetano in inglese, e archetipo dei suoi due album successivi. Cantato con la voce quasi afona, il blues procede ipnotico in un continuo accumulo emotivo, scandito dalle percussioni e dalle fiammate orchestrali di Duprat, fino a quando dopo un paio di minuti arriva l'elettrica di Gordin, liberando tutta la tensione. Caetano alza allora il tono e procede disperato verso il finale: "Da poppa a prua, la mia barca è vuota, la mia testa è vuota, dalla nuca alla fronte. Da est a ovest, la corrente è lunga, sì il mio sogno è sbagliato, dalla nascita alla morte". Notevoli anche il fado "Os argonautas", la psichedelia satura di "Não identificado" e l'opprimente cover di "Carolina", bossa portata al successo da Chico Buarque l'anno prima, resa con appena un filo di voce e spogliata di ogni speranza.
Quando il disco arriva nei negozi, Caetano non è più in Brasile. I militari hanno deciso di tagliare la testa al toro, spedendolo in esilio insieme a Gil e alle rispettive compagne.

caetano_e_gilCaetano Veloso (1971)

Nell'agosto del '69 i quattro sbarcano a Londra. Sopravvivono grazie ai diritti d'autore delle loro canzoni, che Dona Canô (madre di Caetano) invia loro periodicamente, per quanto con una certa difficoltà e utilizzando dei prestanome (ufficialmente ogni persona poteva prelevare dal Brasile solo una piccola somma ogni mese).
Caetano è talmente depresso che smette di scrivere pezzi nuovi e per oltre un anno sembra perdere interesse per la musica. È solo nel gennaio del '71 che torna in studio, spinto dall'entusiasmo di Gil, che a Londra si trova benissimo. Ottenuto un contratto per la neonata Famous Records, gli viene concesso come produttore il giovane tastierista Ralph Mace, fresco reduce dalle sessioni di "The Man Who Sold The World" di David Bowie. L'album è cantato quasi interamente in inglese, per ragioni commerciali, benché il suo riscontro risulti praticamente nullo in GB.
La scaletta è composta da sette brani, alcuni dei quali fra i più significativi della carriera. Gli otto minuti di "Maria Bethânia" mescolano immagini sacre e paesaggi urbani con uno struggente appello alla sorella: "Maria Bethânia, per favore mandami una lettera, vorrei sapere se le cose stanno migliorando". Il folk-blues che fa da sfondo riprende il discorso iniziato con "The Empty Boat": ripetendo le frasi più volte, mostra l'intelligenza dell'autore nell'aggirare la sua scarsa padronanza dell'inglese e finisce col creare una sorta di mantra pop. L'arrangiamento orchestrale, un muro di suono ricco di armonie e dissonanze, è di Phil Ryan, futuro membro dei Man.
L'andamento triste e tenue di "London London" ricorda un po' quello di "Everybody's Talkin'" di Harry Nilsson, mentre il testo lamenta ancora la lontananza dalla sua terra: "Sto vagando in tondo qui, nessun posto dove andare, mentre i miei occhi cercano dischi volanti nel cielo". L'unico brano in portoghese è "Asa branca", cover del celebre baião di Luiz Gonzaga, rallentato a dismisura. Una cosa è certa: del periodo tropicalista, ormai, nella musica di Caetano non si trova più traccia.

Transa (1972)

L'esilio non passò inosservato in Brasile. Benché ai media non fu consentito di darne notizia, nell'ambiente dello spettacolo tutti erano consapevoli dell'accaduto e dopo qualche tempo alcuni grandi nomi iniziarono a manifestare il proprio scontento. Il primo a alzare la voce fu "il Re", Roberto Carlos, che nel 1971 scrisse uno dei suoi più grandi successi ispirandosi proprio a Caetano. Nonostante non venga mai nominato apertamente nel testo, non c'è dubbio su chi sia il personaggio descritto nella stupenda "Debaixo dos caracóis dos seus cabelos" (trad. "Sotto i riccioli dei suoi capelli").
Nell'estate di quello stesso anno João Gilberto accetta di tornare in televisione dopo quasi un decennio di assenza, ma lo fa solo a patto che Caetano, reputato il suo più grande erede, vi possa comparire. Smuove così mari e monti, ottenendo il via libera. Caetano rientra in Brasile per un paio di giorni, il tempo di registrare lo speciale, e trova un clima molto più disteso rispetto a quando se ne era andato. Incoraggiato dall'esperienza, decide di rientrare definitivamente nel gennaio del '72, insieme a Gil. Poco prima di lasciare Londra ha registrato un nuovo album, che esce in aprile e si intitola "Transa" (ossia, "Scopata"). La produzione è nuovamente affidata a Mace, che decide di tentare l'approccio del live in studio, riducendo al minimo le sovraincisioni, mentre il virtuoso chitarrista Jards Macalé cura gli arrangiamenti.
Mescolando inglese e portoghese, "You Don't Know Me" si muove sui binari di reiterazione ormai tipici di Caetano, ma vi innerva un sorprendente dinamismo grazie al controcanto di Gal Costa (che si trova a Londra per alcuni concerti) e alla chitarra acustica, la cui linea solista ricama instancabile. "Neolithic Man" è il più ossessivo dei suoi mantra: un'intro acustica manda in circolo alcune frasi (memorabile l'incipit: "Io sono il silenzio che si sente all'improvviso, dopo il passaggio di una macchina"), poi quando il brano sembra aprirsi a sonorità più pop, ecco scattare una batteria martellante che fa impallidire il kraut-rock e spazza via il resto dell'arrangiamento. "Nine Out Of Ten" è un'ardita mistura fra folk brasiliano, assoli elettrici, ribollenti linee di basso dal sapore fusion e scansioni reggae (con cui Caetano entrò in contatto a Londra, dato che il Brasile gli era rimasto fino a quel momento impermeabile). Ci sono anche brani cantati per intero in portoghese, come "Mora na filosofia", vecchio samba del compositore carioca Monsueto Menezes, agghindato di raffinati fraseggi blues, voce echeggiante e stacchi di batteria jazz. E come "Triste Bahia", nove minuti in accelerazione, con finale catartico di percussioni tropicali e basso funk. Le prime otto righe sono tratte dall'omonimo poema seicentesco di Gregório de Matos, dopodiché Caetano vola via, in una carrellata di situazioni, navi, mari, bandiere e invocazioni alla vergine. Il brano è sia una grande dedica alla sua terra, sia un metaforico racconto dell'abbandono cui è stato costretto.
L'album non ha grande successo lì per lì, ma si impone nel tempo come disco di culto. Oggi è considerato con ampio margine il suo capolavoro, almeno dal pubblico più attento. Nello stesso anno escono due album dal vivo, Barra 69 con Gilberto Gil (parte del loro ultimo concerto prima dell'esilio) e Caetano e Chico juntos e ao vivo, insieme a Buarque, registrato in novembre e pubblicato un mese dopo. Il secondo è decisamente superiore per quanto riguarda la qualità del suono.

Araçá azul (1973)

Come per esorcizzare il tempo perduto, Caetano decide di sfogare le velleità tropicaliste rimaste inespresse a causa dell'esilio. Il problema è che le sfoga con tanto di interessi, pubblicando un disco estremo, a tratti inascoltabile. Il suo peggiore se, come chi scrive, amate le sue canzoni, oppure il suo migliore se, come fanno alcuni, riuscite a scorgervi i germi di molta della musica alternativa più estrema a venire. In effetti fra gorgheggi, falsetti, versacci di ogni tipo, strumenti che steccano, tribalismi e motivetti storpiati, non siamo poi distanti dalla miriade di dischi folk tinti di psichedelia e rumore che hanno popolato il mercato underground dal 2000 in avanti. Sia come sia, rimane il disco meno venduto della sua carriera e per una volta non c'è da stupirsene.

Qualquer coisa e Jóia (1975)

Pur non smettendo di esibirsi dal vivo e comparire in televisione, Caetano torna in studio solo nel 1975, quando pubblica due album in contemporanea. A parte la title track, magistrale incrocio fra tradizione iberica e pop brasileiro, dal primo non c'è molto da segnalare (sette brani su dodici sono cover, nessuna delle quali brilla per originalità). Il secondo invece è un gioiello. Rinunciando alla batteria e alla chitarra elettrica, Caetano erige un disco dai toni pastorali, molto distante dalla bossa nova a dispetto delle premesse. Ispirati dalle melodie degli indigeni dello Xingu, i brani sono cantati come in uno stato di straniamento, quasi incorporei, mentre gli arrangiamenti - curati da Perinho Albuquerque - sono ridotti ai minimi termini e puntano di volta in volta su uno strumento intorno a cui ruotare: sonagli ("Jóia"), piatti ("Gravidade"), flauti che sanno d'Arcadia ("Pelos olhos"), piccoli veli di organo elettrico (il singolo "Lua lua lua lua", in finale di "Canto do povo de um lugar"), kissange ("Guá") e archi ("Pipoca moderna"). Anche quando c'è solo la chitarra acustica, l'atmosfera rimane come sospesa nel vuoto, si pensi all'iniziale "Minha mulher", dedicata alla moglie Dedé ("Chi ci vede così pensa che tu sia mia figlia, ma in verità sei più mia madre"). Forse non è il suo lavoro più diretto, ma è denso di idee e armonie rigogliose.

Doces bárbaros (1976)

Doppio album dal vivo composto da canzoni nuove di zecca, è cointestato a Bethânia, Gal e Gil, con l'ultimo in veste di arrangiatore. Due ore di contaminazioni - ora frenetiche, ora votate alla musica d'atmosfera - fra samba, rock e funk, con linee di basso corpose, chitarre plastiche, piano elettrico, sintetizzatore e fiati dal sapore lounge.
Fra i vari brani firmati da Caetano, una manciata di classici: la romantica "Eu e ela estávamos ali encostados na parede", in duetto con Gil, l'eterea "Um índio", prestata a Bethânia, i groove arrembanti di "Gênesis", "Os mais doces bárbaros" e "São João, Xangô menino", cantate in coro. A spiccare è però la clamorosa cover di "Fé cega, faca amolada", capace di surclassare persino l'originale di Milton Nascimento.
Il tour viene filmato e il video messo in commercio: da non perdere, soprattutto per la presenza scenica dei quattro, che indossano costumi attillati coperti da ogni simbolo mistico possibile. Nel complesso un'operazione che si rivela momento centrale per la cultura brasiliana degli anni Settanta.

caetano_velosoBicho (1977)

Rientrato in studio, Caetano continua la collaborazione con Albuquerque. Scatta qui la passione per la musica nigeriana, jùjú e afrobeat in particolare. Ibridandola al folk brasiliano e ai suoni gommosi del funk occidentale, i due creano una miscela avveniristica. È difficile credere che l'iniziale "Odara" sia stata registrata nel 1977: le pulsazioni del piano elettrico, lo slap tirato a lucido del basso, il suono terso delle tastiere elettroniche, le battute funky della chitarra. Se la batteria fosse stata elettronica lo si sarebbe potuto spacciare per acid jazz.
Il resto del disco è meno appariscente, ma non per questo meno creativo. "Gente" è un cortocircuito ritmico che - al di là dell'atmosfera festosa - sembra anticipare i Talking Heads con Brian Eno; "O leãozinho" è un accattivante bozzetto folk con fischiettio di synth; "Tigresa" un epico midtempo per chitarra acustica e piano jazzato, con un testo melodrammatico che sembra sposarsi a perfezione col personaggio di Ney Matogrosso (per dirne uno fra i tanti che l'hanno coverizzata).
Se "Olha o Menino" è un regalo di Jorge Ben, agghindato in base allo stile che il relativo autore sta seguendo in quel momento, ossia un samba elettrico dal sapore mistico e rigonfio d'archi, "Um índio" è la ripresa del brano che un anno prima ha lasciato alla sorella. Il tono etereo viene mantenuto e la linea vocale è immersa nell'eco mentre declama: "Un indio scenderà da una stella colorata e brillante [...] dopo l'eccidio dell'ultima nazione indigena, dello spirito degli uccelli e delle fonti d'acqua limpida [...] sarà una sorpresa per tutti, non perché esotico, ma per il fatto di essere sempre rimasto occulto, quando sarebbe stato l'ovvio".

Muito carnavais (1977)

Parallelamente alla sua carriera più impegnata, Caetano ha pubblicato - disperdendoli fra singoli, Ep e compilation - una serie di brani a tema carnevalesco. Questo album li unisce sotto un unico tetto e vi aggiunge degli inediti. La maggior parte sono frevo elettrici, veri atti d'amore verso la propria cultura. Il grande artista che smette per un attimo i panni dell'intellettuale per regalare al suo popolo pezzi danzabili a presa rapida. Non è certo fra i suoi dischi più rappresentativi, ma chi ama l'autore non può evitare una capatina su questi lidi: titoli come "Chuva, suor e cerveja" (1972), "Qual é, baiana?" (1972), "A filha da Chiquita Bacana" (1975) e "Deus e o diabo" (1977) sono a dir poco contagiosi. Fra i pochi brani già editi su album la celebre "Atrás do trio elétrico", dal disco del '69.

Muito - Dentro da estrela azulada (1978)

Diversi brani di Caetano pubblicati fra il 1971 e il 1977 sono oggi dei classici, grazie all'utilizzo nei media e alle cover a getto continuo, eppure nessuno di questi ebbe successo in diretta.
"Sampa", il quarto singolo più venduto del '78, è quindi un momento fondamentale nella carriera dell'artista, in quanto lo riposiziona al centro della scena pop. Più che la musica, bossa abbastanza tradizionale, a conquistare è il testo, intensa dedica alla città di San Paolo: "È che quando ci sono arrivato, non ho capito niente della dura poesia concreta dei tuoi angoli, dell'ineleganza discreta delle tue ragazze [...] Dal popolo che vive nelle case a schiera, nei villaggi, nelle favelas, dalla forza dei soldi che costruisce e distrugge cose belle, dal brutto fumo che sale spegnendo le stelle, io vedo nascere i tuoi poeti di campi e spazi".
Anche "Terra", che parla di Bahia sfruttando la stessa tipologia di simboli, ottiene un notevole riscontro. Lunga sei minuti e mezzo, è una ballata senza bridge che, a dispetto della struttura elementare, sfoggia un arrangiamento labirinto di prelibatezze: i superbi armonici della dodici corde di Sérgio Dias dei Mutantes, i rivoli echeggianti del piano elettrico, i suoni lunghi e sordi delle percussioni, i ricami del sitar. Si ha la sensazione di galleggiare in questo sound dalle trame aperte e senza apparenti confini.
Oltre ai due singoli, impressionano l'epopea lounge di "Cá-Já" (i suoni sono talmente effettati che nelle trame in sottofondo si fatica a distinguere chitarre e tastiere) e l'incalzante "Tempo de estio" (con un assolo di piano acustico jazz ricco di sottili dissonanze).
È il primo album prodotto interamente da Caetano e il primo dei due cointestati alla Outra Banda da Terra, che comprende nomi importanti del prog-rock brasiliano quali Arnaldo Brandão (basso), Tomás Improta (tastiere) e Vinícius Cantuária (batteria, percussioni). Non c'è pertanto da stupirsi dei raffinati virtuosismi che lo popolano.

Cinema trascendental (1979)

Il primo 33 giri di Caetano a superare le centomila copie. I quattro brani in apertura ("Lua de São Jorge", "Oração ao tempo", "Beleza pura" e "Menino do Rio") sono tutti divenuti evergreen. Eppure qualcosa non quadra. I collaboratori sono gli stessi del disco precedente, la voce è sempre magica, i testi sempre densi di poesia. Il problema è il sound, a metà fra pop acustico e funk all'acqua di rose, come in una miriade di dischi del periodo, non solo brasiliani. Sia chiaro, è un titolo storico e formalmente impeccabile, snobbarlo sarebbe un errore. Tuttavia, per la prima volta la comprensione non istantanea delle parole sembra penalizzare fortemente una sua opera, laddove la ricchezza della musica aveva fino a quel momento sopperito.

Outras palavras (1981)

L'Outra Banda de Terra rimane in partita (il connubio durerà ancora un paio d'anni), ma non compare più in copertina. A dare una scossa alla ricetta arriva il chitarrista elettrico Perinho Santana, che apporta una copiosa quantità di spigoli. Il sound ricorda, coi dovuti distinguo, quello sviluppato da Pino Daniele nello stesso periodo. I successi di turno sono "Lua e estrela", ballata dai toni zuccherini scritta da Cantuária, e "Rapte-me, camaleoa", un midtempo inizialmente abbastanza lineare, che via via si arricchisce di ghirigori e virtuosismi (da applausi Improta, il cui piano produce una pioggia di note). Eccellenti anche la title track, col suo ritmo sincopato, e le cover, in particolare quelle di "Dans mon île" (classico intimista dal repertorio di Henri Salvador) e "Quero um Baby seu" (vorticoso garage-funk, lanciato l'anno prima dalla misconosciuta Solange).

Cores, nomes (1982)

Lavoro di transizione, diviso a metà fra brani acustici e momenti elettrici che riprendono il suono di Outras palavras. I secondi sono da preferirsi, in particolare "Queixa" e l'ipnotica "Ele me deu um beijo na boca", per quanto sia la cover voce-chitarra di "Sonhos", in origine cantata da Peninha, a catturare il grande pubblico.

Uns (1983)

Ancora più levigato del precedente, alcuni suoni appaiono ormai fuori luogo se accostati alla sua musica. Tuttavia riesce a piazzare un brano di culto come la title track, sghemba marcetta jazzistica, e un paio di classici immortali quali "Eclipse oculto" (a un passo dai Cars, che ci crediate o meno) e "Você é linda" (una delle sue melodie più cristalline).

Velô (1984)

La Banda Nova, guidata dalla chitarra di Toni Costa, accompagna l'artista in un lavoro che prova a sorprendere mediante sonorità AOR e sprazzi di sax. L'iniziale "Podres poderes", con tanto di frecciatine al cattolicesimo, è un pezzo di indubbio respiro, e ancora meglio fa "O quereres", guidata dalle squisite reiterazioni minimaliste di piano e fiati. Ci sono però troppi lenti che smorzano l'entusiasmo, per non parlare della nuova versione di "Nine Out Of Ten", un nadir che andava evitato.

Totalmente demais (1986)

In seguito a un periodo un po' confuso, Caetano azzera tutto e registra un live per sole voce e chitarra. La musica ne esce rinfrancata e le quasi trecentomila copie vendute in un anno rafforzano la convinzione di aver compiuto la mossa giusta. In scaletta una dozzina di cover, alle quali si aggiungono quattro suoi brani: "O quereres", "Vaca profana" (in origine pubblicata da Gal nel 1984), "Nosso estranho amor" (lanciata da Marina Lima nell'80) e l'inedita title track (quello stesso anno portata al successo in una coinvolgente versione elettrica dagli Hanoi Hanoi).

Caetano Veloso (1986)

Altro album acustico, questa volta in studio e pubblicato dalla Nonesuch sul solo mercato statunitense (che non si dimostrò particolarmente interessato). La scaletta è composta perlopiù da riletture di suoi brani celebri, fra le quali spunta però il colpo di genio: una versione bossa di "Billie Jean" di Michael Jackson, che deforma completamente accenti e metrica dell'originale, creando un continuo effetto di spaesamento. Forse la miglior cover di una carriera.

Caetano (1987)

Tornano gli arrangiamenti e la Banda Nova, mentre il famoso produttore Guto Graça Mello siede in cabina di regia. Non è un disco continuo, ma ha dei picchi che lasciano presagire cosa succederà di lì a breve, come la ballata noir "Noite de Hotel", sulla depressione degli artisti in tour lontani da casa, e l'esistenzialismo astratto di "Eu sou neguinha?" ("Io sono nera?"). Si tratta di brani tesi tanto nelle parole quanto nella musica, con ritmi spigolosi influenzati dal dub, dissonanze chitarristiche che buttano un occhio alla new wave, basso fretless e improvvisi flash di suono a opera dei campionatori.
C'è comunque spazio anche per momenti rilassati, come l'acustica di "O ciúme", una delle sue canzoni più riprese.

Estrangeiro (1989)

caetano_veloso_5Caetano conosce Arto Lindsay nel 1983 durante un concerto a New York, ma è solo qualche anno più tardi - spinto da Robert Hurwitz della Nonesuch - che si convince a registrarci un disco insieme. Vola così a New York, in compagnia di Toni Costa, Naná Vasconcelos (grande percussionista jazz) e Carlinhos Brown (all'epoca sconosciuto, ma qualche anno dopo a sua volta cantante di successo).
Oltre che da Lindsay, l'album è prodotto dall'altra metà degli Ambitious Lovers, Peter Sherer, e vede la partecipazione di chitarristi dalle velleità sperimentali quali Bill Frisell e Marc Ribot. Il ventaglio dei nomi coinvolti spiega molto bene il funambolismo con cui le dieci canzoni si mantengono a cavallo fra nord e sud dell'equatore, senza mai schierarsi apertamente: tastiere d'atmosfera, suoni cacofonici prodotti dagli ultimi ritrovati tecnologici, intricate strutture percussive che pescano dalla tradizione popolare. Anche le melodie un momento sono morbide, quello successivo si ritrovano sgretolate in attacchi di logorrea. Si pensi al cupo incedere di "Os outros românticos" o alla requisitoria al passo di danza "O estrangeiro": "È giunta l'ora di rieducare qualcuno. Padre, Figlio, Spirito Santo, amen. La certezza è il pazzo che subisce l'elettroshock. La certezza è sapere che il certo è certo. Il maschio adulto bianco sempre al comando. [...] Eliminare gli indios, non aspettarsi niente dai neri". Potrebbero sembrare versi stereotipati oggi come oggi, ma non lo sono in un Brasile uscito dalla dittatura nel 1985 e ancora in fase di riassestamento politico, dove gli estremismi rischiano di fare forte presa su una popolazione troppo a lungo bisognosa di sfogarsi, incattivita dalla povertà, dal divario fra classi sociali e da una lunga serie di conflitti etnici.
A fare presa sul grande pubblico è comunque l'allegro reggae di "Meia-lua inteira", scritto da Brown, il momento più abbordabile insieme alla bossa "Branquinha", dedicata a Paula Lavigne, sposata nel 1986 dopo la separazione da Dedé. Il brano in cui la mano degli Ambitious Lovers è più presente è "Jasper", con ritmo a un passo dall'industrial e canto in inglese.
Si perdoni lo spazio per una piccola nota polemica. Come si sarà intuito, si tratta di un'opera di prim'ordine, tuttavia è difficile spiegarsi perché mai l'unanimità della critica italiana lo ritenga il capolavoro di Veloso. È quantomeno curioso che di un artista con una discografia così valida e variegata si indichi sempre e solo questo titolo, vieppiù quando in Brasile qualsiasi sua pubblicazione degli anni Settanta è ritenuta superiore. Si tratta probabilmente della combinazione di più fattori: primo, il timore reverenziale nei confronti di Lindsay (soprattutto fra i critici che si riferiscono a un target di nicchia); secondo, il fatto che fu il suo primo album a trovare una distribuzione decente a livello internazionale; terzo, l'ormai nota pigrizia di alcuni addetti ai lavori.

Circuladô (1991)

Arto Lindsay viene mantenuto come produttore e il budget aumentato, con uno stuolo di ospiti provenienti da mezzo mondo: la musica globale sognata da Caetano diventa realtà.
In apertura uno dei suoi manifesti, "Fora da ordem", funk mutante denso di suoni bislacchi (la chitarra di Toni Costa, i campionamenti di Andres Levin, lo sciame di percussioni, suonate fra gli altri da suo figlio Moreno), accompagnato da uno splendido video su una scenografia di geometrie rigide e colori accesi. Il testo è l'ennesimo ritratto del Brasile mediante accostamenti d'immagini e situazioni, capaci di mostrare ogni volta l'oggetto da un'angolatura differente. Nello specifico, i protagonisti sono narcotrafficanti, edifici in rovina, delinquenza minorile, indios delle foreste e... un concerto di Jorge Ben!
"Circuladô de fulô" è uno scioglilingua scandito dalla corda del berimbau e agghindato da taglienti sezioni di violoncello (Jaques Morelenbaum) e fisarmonica (Oswaldinho); "A terceira margem do rio", scritta insieme a Milton Nascimento, è un bozzetto acustico che si regge su complessi giochi di chitarra e percussioni; in "O cu do mundo" una melodia vocale perfettamente pop è traversata dalla chitarra urticante di Lindsay, dalle linee profonde del basso, dal breve ma intenso assolo del trombettista avant-jazz Butch Morris.
In un paio di brani spunta addirittura Ryuichi Sakamoto, che in proprio in quel periodo va pubblicando un disco come "Heartbeat", a sua volta fermamente indirizzato verso la costruzione di un ponte musicale fra più culture. Non stupisce che due menti così alte abbiano finito con l'incrociarsi, nonostante siano nate a diciassettemila chilometri di distanza. Il risultato sono "Neide Candolina" - caleidoscopico funk con riff traghettato direttamente dalla tradizione del Sol levante e tanto di intermezzo breakbeat - e "Lindeza", bossa sommersa da una marea di tastiere elettroniche, in cui toccanti note di pianoforte galleggiano alla rinfusa.

Tropicália 2 (1993)

Cointestato a Gilberto Gil. A venticinque anni di distanza dall'album in nome del movimento tropicalista, i due artisti tornano insieme in studio. L'alchimia però non funziona come all'epoca. Ci si sarebbe aspettati un Caetano a suo agio col rap, considerando che i suoi giochi di metrica l'hanno in qualche maniera anticipato, tuttavia "Haiti" si rivela piuttosto innocua, e più in generale il progetto sembra non avere equilibrio. O mescola rock e tradizione, ma con un suono anestetizzato e privo di ricerca timbrica, o tenta esperimenti piuttosto ingenui (il collage plunderfonico di "Rap Popcreto" è in ritardo di diversi anni per poter generare qualsivoglia effetto sorpresa). L'acustica "Desde que o samba é samba" diventa comunque un classico.

Fina estampa (1994)

La Polygram gli chiede un disco con versioni in spagnolo delle sue canzoni più famose, mirando al mercato estero, ma Caetano opta per una manciata di titoli storici della musica latinoamericana, affiancato da Morelenbaum e dai suoi arrangiamenti orchestrali. È un progetto godibile, ma è anche il tipico album utile più all'artista che all'ascoltatore.
Dal relativo tour viene registrato Fina estampa ao vivo, pubblicato nel 1995. Contiene la sua prima incisione del classico messicano "Cucurrucucú paloma", utilizzata in almeno mezza dozzina di film, tanto da diventare uno dei brani con cui il pubblico all'infuori del Brasile lo identifica.

Livro (1997)

Dopo il grande successo del duetto con Gal Costa "A luz de Tieta", dalla colonna sonora del film "Tieta do agreste" (1996), si torna in studio insieme a Morelenbaum. Oltre agli archi, gli arrangiamenti prevedono questa volta un'ampia dose di ottoni e percussioni. "Não enche" è molto vivace e diventa un classico, ma per il resto non si rintracciano brani memorabili. Non aiuta a cambiare idea il fatto che "Você é minha" sembri la fotocopia di "Você é linda", non solo per il titolo.

Prenda minha (1998)

Registrato dal vivo nel settembre del '98 e pubblicato poche settimane dopo, è il più grande successo della carriera di Caetano, con un milione e mezzo di copie vendute. Il merito è di una cover di Peninha, "Sozinho", ballata voce e chitarra che in Brasile diventa una delle canzoni più trasmesse del decennio.
Come spesso accaduto per le sue pubblicazioni dal vivo, l'occasione è buona per includere canzoni prestate ad altri e mai apparse nei suoi album. Ecco così sfilare "Esse cara" (Bethânia, 1972), "Mel" (ancora Bethânia, 1979) e "Linha do equador" (Djavan, 1992). Il resto lo fanno classici come "Terra", "Odara", "Eclipse oculto" e "Jorge de Capadócia", quest'ultima una cover di Jorge Ben. Gli arrangiamenti seguono il percorso di Livro, ma questa volta poggiano su un repertorio decisamente più solido e ne escono valorizzati.

Noites do norte (2000)

Si segnala più che altro per la presenza dell'orchestrale "Michelangelo Antonioni", cantata in italiano su testo che sembra descrivere una sceneggiatura del maestro. Per il resto si respira una certa stanchezza: il connubio con Morelenbaum ha di fatto esaurito il suo potenziale con il precedente live e giunge qui all'ultimo atto.

Eu não peço desculpa (2002)

Cointestato al misconosciuto cantautore Jorge Mautner, di cui Caetano è ammiratore sin dagli anni Settanta, e prodotto dal giovane polistrumentista Kassin. È zeppo di suoni elettronici e trova ragione d'esistere proprio nel loro contrasto con strumenti tradizionali come il banjo e il pandeiro. Fra i gioiellini, il bluegrass brasileiro "Todo errado", la ballata folk "Graça divina" con tanto di mandolino, il funk acrobatico "Morre-se assim" e il samba tecnologico "Feitiço", con Gilberto Gil.
La voce di Mautner, modello vecchio brontolone, è particolarmente espressiva e completa in maniera egregia quella delicata di Caetano. È un disco creativo e divertente, ma passa un po' in sordina.

A Foreign Sound (2004)

Set di cover in inglese, fuori dal Brasile diventa uno dei suoi lavori più conosciuti. In tutta franchezza, che un autore di tal fatta venga discusso solo quando rilegge brani che tutti già conosciamo, è imbarazzante e sintomatico di una pigrizia endemica verso tutto ciò che non proviene da USA o GB. Ce ne libereremo mai? Nel dubbio, questo rimane il suo disco più trascurabile.

(2006)

È il primo dei finora tre album prodotti da Moreno e suonati dalla BandaCè, trio di giovani musicisti con background indie rock. Caetano sembra ringiovanito: le melodie sono le solite, ma gli arrangiamenti stanno a metà strada fra le tradizioni alternative di Londra e New York. Certo, cinquanta minuti di chitarra-basso-batteria sono un po' troppi, tuttavia i brani più vivaci sono irresistibili, in particolare "Outro", "Rocks" e la progressione schiacciasassi di "Odeio", che diventa uno dei suoi brani più richiesti dal vivo.

Zii e zie (2009)

I ritmi si dilatano sino a sfiorare il post-rock. Alcuni tratti sono di una lentezza esagerata e netta è la sensazione di un suono fuori tempo massimo. Dovendo salvare un brano, l'iniziale "Perdeu" prova perlomeno a giocare la carta del crescendo epico.

caetano_veloso_4Abraçaço (2012)

La squadra comprende la necessità di variegare la proposta e renderla più appetibile, si torna così a un indie rock più diretto, con saltuarie puntate verso folk e funk. "A bossa nova é foda", con la sua ossessiva pulsazione di chitarra effettata e il titolo-slogan da gridare a pieni polmoni, diventa un nuovo cavallo di battaglia per i concerti. "Parabens" e "Funk melódico" mantengono vivo il groove, mentre la lunga e riflessiva "Um comunista" è un tributo al militante Carlos Marighella, ucciso dai militari nel 1969. Pur non avendone mai condiviso gli ideali, l'artista ha ritenuto giusto omaggiare un uomo che ha dato la vita per combattere il regime.

I live dal 2000 in poi

Dopo Noites do norte Caetano inizia a pubblicare dischi dal vivo a raffica, e viene difficile dargli torto visto che vendono più degli album in studio. Laddove nessuno dei tre dischi con la BandaCè supera le cinquantamila copie, Roberto Carlos e Caetano Veloso e a música de Tom Jobim, dedicato al maestro della bossa nova, ne vende duecentomila piazzandosi nella top 10 del 2008. Nonostante ciò, gli arrangiamenti sono alquanto scolastici e l'ascolto scivola via senza sussulti. Funziona meglio Multishow ao vivo: Caetano e Maria Gadú, che a sua volta raggiunge le centocinquantamila copie e la top 10 del 2011. Come da titolo, è in comproprietà con la nuova stellina della musica popolare brasiliana, ma il repertorio è interamente di Caetano. Riletti in chiave acustica con l'accompagnamento vocale e strumentale della giovane interprete, i brani non sfigurano affatto, per quanto ovviamente si tratti di un articolo per completisti.

Le raccolte

Ne esistono ovviamente una miriade, tutte più o meno incomplete. Le uniche davvero importanti, una volta che si possiedono gli album, sono i primi due volumi della serie "Raro e inédito": Cinema Olympia (2006) e Pipoca moderna (2007). La prima contiene rarità che vanno dal 1965 al 1974: ambo i lati del primo 45 giri di Caetano ("Samba em paz" e "Cavaleiro"), pubblicato sulla scia del successo della sorella ma passato inosservato; le due versioni di "É proibido proibir" (unite in un'unica traccia); i brani dell'Ep dal vivo coi Mutantes; e due marce carnevalesche incise nel 1968 per la partecipazione a un programma televisivo del presentatore Chacrinha, "Yes, nós temos banana" (cover di Braguinha) e "Ai de mim, Copacabana".
Nella seconda c'è materiale meno pesante dal punto di vista storico, ma va segnalata per la presenza dell'Ep Doces bárbaros, pubblicato paio di mesi prima del live con lo stesso titolo e contenente le versioni in studio di quattro suoi brani.

L'influenza

Caetano è una delle figure centrali della musica del Novecento, forse la più grande generata dalla propria nazione. Eppure troppo spesso quando si parla di lui la prima cosa che si fa per dimostrarne il valore è riportare gli attestati di stima di alcuni musicisti anglosassoni di grossa taglia. Come se per convincere il pubblico del valore di un prodotto esotico fossero necessari dei santoni o degli opinion leader a fare da garanti. È una pratica che andrebbe dismessa, per questo motivo non verranno nominati in questa sede i numerosi musicisti al di sopra dell'equatore che senza dubbio hanno subito il fascino di Caetano. Sarebbe ora di lasciar parlare direttamente la sua musica e la sua storia.
Per quanto riguarda la scena brasiliana, invece, si potrebbe scrivere un libro. Caetano è uno degli autori locali più ripresi in assoluto, spesso ha anzi donato spontaneamente i propri brani ad altri (si pensi a due successi colossali come "Menino do Rio" di Baby Consuelo, 1980, e "Força estranha" di Roberto Carlos, 1978). Senza contare l'ingerenza che ha avuto sulle carriere di interpreti fondamentali come Gal Costa e Maria Bethânia, le interpolazioni con altri grandi autori come Chico Buarque e Gilberto Gil, i grandi arrangiatori e produttori che si sono espressi al meglio proprio nei suoi dischi, l'opera di memoria storica che ha svolto insieme agli altri musicisti della sua generazione nel riproporre continuamente canzoni del passato. È in sostanza da mezzo secolo che la musica brasiliana più raffinata ruota intorno alla figura di Caetano, e non c'è davvero molto altro da aggiungere.

Glossario

Berimbau: strumento percussivo a corda di origine africana.
Baião
: andamento ritmico tipico del nord est del Brasile, è alla base di diversi generi musicali.
Fado: malinconico canto popolare di origine portoghese.
Frevo: danza carnevalesca nata nel nord est del Brasile.
Kissange: idiofono percussivo di origine africana.
Pandeiro: tamburello con sonagli tipico del samba.
Viola caipira: chitarra acustica tipica del nord est del Brasile.
Xingu: fiume che attraversa la parte più interna del Brasile.
Yoruba: popolo nigeriano, le cui credenze si sono diffuse in America durante la tratta degli schiavi.

Fonti più preziose: l'autobiografia di Caetano, gli scritti del giornalista Carlos Calado, il blog "Caetano Veloso... en detalle". Un grazie a Thiago per le numerose consulenze.

Caetano Veloso

Discografia

Domingo(con Gal Costa, Philips, 1967)
Caetano Veloso(Philips, 1968)

Tropicália ou panis et circencis(con artisti vari, Philips, 1968)

Ao vivo(con i Mutantes, live Ep, Philips, 1968)
Caetano Veloso(Philips, 1969)
Caetano Veloso(Famous/Philips, 1971)
Barra 69 (con Gilberto Gil, live, Philips, 1972)
Transa(Philips, 1972)
Juntos e ao vivo(con Chico Buarque, live, Philips, 1972)

Araçá azul(Philips, 1973)

Temporada de verão (con Gal Costa e Gilberto Gil, live, 1974)

Jóia (Philips, 1975)

Qualquer coisa(Philips, 1975)

Doces bárbaros (con Gal Costa, Gilberto Gil eMaria Bethânia, Ep, 1976)

Doces bárbaros(con Gal Costa, Gilberto Gil eMaria Bethânia, live, 1976)

Bicho (Philips, 1977)
Muito carnavais(Philips, 1977)
Muito - Dentro da estrela azulada (con la Outra Banda da Terra, Philips, 1978)
Ao vivo (con Maria Bethânia, live, Philips, 1978)
Cinema trascendental (con la Outra Banda da Terra, Philips, 1979)
Outras palavras(Philips, 1981)
Cores, nomes(Philips, 1982)
Uns(Philips, 1983)

Velô (Philips, 1984)

Totalmente demais(live, Philips, 1986)
Caetano Veloso(Nonesuch, 1986)
Caetano(Philips, 1987)
Estrangeiro(Philips, 1989)

Circuladô(Philips, 1991)

Circuladô vivo (live, Polygram, 1992)

Tropicália 2(con Gilberto Gil, Warner, 1993)

Fina estampa (Philips/Polygram, 1994)
O qu4trilho (con Jaques Morelenbaum, soundtrack, Natasha, 1995)
Fina estampa ao vivo (live, Mercury, 1995)
Tieta do agreste (soundtrack, Natasha, 1996)
Livro (Mercury, 1997)
Prenda minha (live, Mercury, 1998)
Omaggio a Federico e Giulietta (live, Universal, 1999)
Orfeu (soundtrack, Natasha, 1999)
Noites do norte (Mercury, 2000)
Noites do norte ao vivo (live, Mercury, 2001)
Eu não peço desculpa (con Jorge Mautner, Mercury, 2002)
A Foreign Sound (Mercury, 2004)
(Mercury, 2006)
Cinema Olympia (rarità 1965-1974, Universal, 2006)
Pipoca moderna (rarità 1975-1982, Universal, 2007)
Cê - Multishow ao vivo (live, Mercury, 2007)
A música de Tom Jobim (con Roberto Carlos, live, Amigo, 2009)
Zii e zie (Mercury, 2009)
Certeza da beleza (rarità 1983-1994, Universal, 2009)
Que de-lindo (rarità 1995-2007, Universal, 2010)
MTV ao vivo - Zii e zie (live, Universal, 2011)
Multishow ao vivo (conMaria Gadú, live, Mercury, 2011)
Especial(con Ivete Sangalo e Gilberto Gil, live, Universal, 2012)
Abraçaço (Universal, 2012)
Multishow ao vivo - Abraçaço (live, Universal, 2014)
Pietra miliare
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