American Football

American Football [LP3]

2019 (Polyvinyl)
midwest emo

Ho accolto la notizia del terzo “American Football” con soddisfazione ma senza stupore: non perché il breve intervallo rispetto al secondo non lo giustificasse, ma in quanto mi è subito tornata alla mente la mezza promessa che ci fece Mike Kinsella durante la nostra intervista alla band, in occasione della loro prima data italiana. Risultava chiaro come la volontà di non far trascorrere tanto tempo fosse sincera e carica di speranza per un futuro e, perché no, una gloria dei quali la band non aveva ancora fatto esperienza – e cui l’affezionato pubblico internazionale meritava senz’altro di prender parte assieme a loro.

Dopo l’atto fondante e il lungo silenzio giunse il revival, letteralmente il rivivere le stesse incertezze adolescenziali a distanza di diciassette anni. Si potrebbe dire che col terzo album ci si avvicini ormai alla creazione di un canone che, oltre l’arrendevole lirismo dei testi, continua a produrre incastri melodici e time signature che solo la leggendaria formazione midwest emo sembra in grado di immaginare e intridere di una così sublime malinconia.
Seppur con assoluta eleganza, indubbiamente “LP2” portava su di sé il peso e i segni dell’adultità, espressa in un songwriting talvolta quasi “trattenuto”, in punta di piedi su un palco a lungo disertato – e sotto il quale si erano accumulate aspettative esorbitanti. Una volta incontrata la fanbase e rispolverati i classici ha preso forma un terzo capitolo che, al confronto, suona come una ritrovata sicurezza di sé, con una spontaneità e una sete di ricerca espressiva che colmano ulteriormente i vuoti lasciati nell’arco di due decenni.

L’anomalo opener “Silhouettes” si candida da subito come il loro brano più sfumato e inafferrabile: con l’introduzione minimalista allo xilofono e l’illusione prospettica simulata dal riverbero vocale e da un arioso fondale di sintetizzatori, il lungo singolo anticipa quello che sarà un ricorrente abbandono a lunghe code strumentali alla maniera di “Honestly?” e del manifesto “Stay Home”, tornando a vivificare il quieto epos che li ha resi una meteora indimenticabile.

Forever has to wait
The clock on my wall
Is stuck on yesterday
All the ballads you sing to me
One by one
Slip into a minor key
(“Every Wave To Ever Rise”)

Una ballata che dalla tonalità maggiore scivola lentamente in quella minore: si direbbe la metafora perfetta del ciclo di vita di un amore, dal fervente rapimento dei sensi al graduale deteriorarsi con l’avanzare degli anni; eppure quasi tutti gli indimenticabili arpeggiati degli American Football approdano sulla prima, quietamente affermativi, come in questa “Every Wave To Ever Rise” che rappresenta, a parere di chi scrive, uno dei più alti coronamenti della loro poetica.
Con esso e due brani successivi – novità assoluta – le stanze della casa di Champagne-Urbana aprono le porte a vecchie conoscenze, in particolare a seconde voci femminili appropriate e sensibili al mood dominante: Elizabeth Powell dei canadesi Land Of Talk, con due soli versi in inglese e francese (“Truth or dare, love is the cross you bear/ J’ai mal au cœur, c’est la faute de l’amour”); subito dopo il misurato controcanto di Hayley Williams dei Paramore in “Uncomfortably Numb”, reinvenzione disillusa e anti-tragica del classico floydiano (“Sensitivity deprived/ I can’t feel a thing inside/ I blamed my father in my youth/ Now as a father, I blame the booze”); infine la leggendaria Rachel Goswell degli Slowdive in “I Can’t Feel You”, slancio in uptempo che segna forse l’episodio più fatuo ed “estraneo” del lotto. 

I’m sorry for leaving
I’m sorry with one foot out the door
I’m unapologetically sorry for everything
(“Heir Apparent”)

Con soli otto brani la band firma il suo album più lungo, cedendo all’emozione del momento per oltre tre quarti d’ora e accentuando anche quel gusto per il dettaglio di coloritura che da sempre li contraddistingue: oltre al vibrafono già conosciuto in “LP2”, la ricorrente tromba di Steve Lamos (qui introduce gli otto minuti di “Doom In Full Bloom”) trovano spazio anche brevi inserti di flauto, come minutissimi cantabili tra le strofe. Ma anche laddove ritorni semplicemente la classica “maniera”, il suddetto canone, l’esecuzione è come un delitto perfetto che solo una colpevole distrazione potrebbe scongiurare.

Oggi come allora, dagli American Football non ci si deve aspettare una manifesta grandiosità, ma piccoli distinti momenti di intimo splendore, da coltivare un ascolto alla volta e tanto più preziosi quanto è il tempo che richiedono per rivelarsi. Non risparmiando i consueti colpi al cuore – e con una doppietta finale semplicemente commovente – “LP3” è ancora una volta in grado di indurre a una dolcissima assuefazione: ecco cosa si prova nel continuare a sostenere il peso – ma anche a godere i frutti – di una “implacabile adolescenza”.

I’ve cried for you, for me, a stranger
I’ve cried in every mood
When will it end, relentless adolescence?
(“Life Support”)

22/03/2019

Tracklist

  1. Silhouettes
  2. Every Wave To Ever Rise (ft. Elizabeth Powell)
  3. Uncomfortably Numb (ft. Hayley Williams)
  4. Heir Apparent
  5. Doom In Full Bloom
  6. I Can’t Feel You (ft. Rachel Goswell)
  7. Mine To Miss
  8. Life Support




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