Horse Feathers

Appreciation

2018 (Kill Rock Stars)
chamber-folk, pop

Formatisi a Portland nel 2004, gli Horse Feathers sono una delle realtà più interessanti del folk-rock contemporaneo. Una band che, pur tra continui cambi di formazione, ha tenuto fede alla visionaria formula chamber-folk, mutuandone i contorni e le velleità concettuali con un dinamismo a tratti encomiabile. Questo è accaduto in particolare nel secondo album, “House With No Name”, e nel più recente “So It Is With Us”: due album in verità diversi, eppur speculari della creatività di Justin Ringle, ormai leader indiscusso della band dopo l’abbandono di Peter Broderick.

Col passar del tempo, le velleità psichedeliche degli esordi e le tentazioni folk-prog sono state assorbite all’interno di una formula sonora più ricca e decisa; gli arrangiamenti rasentano ormai quasi la perfezione, tenendo insieme armonie non semplici, con lussuose soluzioni strumentali. Ci sono voluti in verità ben quattro anni per mettere a punto “Appreciation”, un disco che mette in mostra più di un elemento di novità, a partire dalla più decisa sezione ritmica, che diventa un elemento rilevante all’interno della struttura simil-orchestrale della formazione.

I testi sono sempre profondi e introspettivi, liricamente ricchi ed eloquenti, quasi alla Paul Simon, mentre qualche briciolo di soul, si insinua con maggior forza all’interno delle dieci tracce di questo sesto capitolo discografico. Il primo singolo, “Without Applause”, lascia ben poco spazio a dubbi e perplessità, le armonie, in bilico tra anni 60 e 70, sembrano catturate da una vecchia radiolina Fm, con un occhio a quelle contaminazioni black che nutrirono il canzoniere di autori come Jesse Colin Young o Stephen Stills. Una formula che il gruppo ripropone con ottimi risultati anche in “Best To Leave”, prima di avventurarsi in sonorità più tradizionali (“Broken Beak”).

Altro elemento fondamentale dell’economia sonora di “Appreciation” è l’interessante intreccio della strumentazione acustica, non solo con le nuove tentazioni ritmiche, ma soprattutto con le articolate trame armoniche del violino, uno strumento la cui versatilità è parimenti apprezzabile sia nel festoso valzerone country di “Don’t Mean To Pry”, che nella introspettiva ed elaborata “Born In Love”: un brano il cui assetto chamber-folk richiama le mini-sinfonie cosmic-psych dei Patrick Watson.
Dopo aver dimostrato di saper estrarre linfa vitale dal minimalismo lirico e armonico, gli Horse Feathers non hanno paura di ampliare i confini della loro musica, mettendo a segno una delle ballate più accorate e coinvolgente del loro repertorio (“Evictions”), oltre alla partitura strumentale più ambiziosa e fantasiosa dell’album (“The Hex”). Difficile, infine, restare immuni al fascino polveroso e spirituale di “Faultline Wail”, un brano che sposa bluegrass, noise e chamber-folk con un suggestivo groove violato da riff taglienti di chitarra.

Una scrittura sempre nitida e ricca di sagacia, tiene salda l’attenzione durante i poco più di trenta minuti di “Appreciation”, aprendo nuovi scenari possibili per un autore che si dimostra abile nel reinventarsi in maniera intelligente e nello stesso tempo originale e brillante. Se pensate che la musica country abbia un’anima soul, avvicinatevi senza timore al nuovo progetto degli Horse Feathers, ed entrerete in possesso della perfetta colonna sonora della vostra estate.

18/07/2018

Tracklist

  1. Without Applause
  2. Born In Love
  3. Best To Leave
  4. Broken Beak
  5. Don't Mean To Pry
  6. Altamont
  7. Evictions
  8. Faultline Wail
  9. The Hex
  10. On The Rise




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