Jessie Ware

Glasshouse

2017 (Island)
soul, r’n’b
6.5

Dicono che chi vive in una casa di vetro non dovrebbe mai lanciare sassi. Sarà forse per questo che nella sua ultima fatica, intitolata appunto "Glasshouse", Jessie Ware appare quasi immobile e insicura di azzardare persino un acuto.
L'avevamo infatti lasciata tre anni fa alle prese con l'amletico dubbio se cedere o meno alle richieste di chi la reclamava popolana soul-singer da omaggiare ai talent o se rimanere fedele al suo iniziale ruolo di sophisticated lady per palati più fini ma, a quanto pare, nemmeno stavolta è riuscita prendere una rigorosa scelta stilistica.

Se i primi andranno facilmente in solluchero all'ascolto della rotonda melodia di "Alone", i secondi apprezzeranno compiaciuti la collaborazione con un maestro dell'eleganza come Paul Buchanan nella sorniona "Last Of The True Believers". Eppure il meglio la Ware lo raggiunge proprio quando riesce miracolosamente ad accontentare le due fazioni in un colpo solo, come nella notevole "Midnight": notturne strofe di iridescente dream-pop che sfociano sul massimalismo di un ritornello che più "Bennie And The Jets" non si può, interpretato come se dovesse dar lezioni di canto a Mariah Carey.
È un equilibrio che purtroppo non riesce a raggiungere per l'intera durata dell'album e così chi vorrebbe godersi gli struggimenti amorosi dell'aspra "Hearts" potrebbe rimanere infastidito dalla marzialità di un arrangiamento sbucato fuori da chissà quali oscure e contorte fantasie. Allo stesso modo l'unico e agognato momento uptempo del disco, "Your Domino", rischia di scontentare coloro che avrebbero salutato con piacere un ritorno al dancefloor fighetto di "If You're Never Gonna Move" per colpa di una fuga che sembra portarla su meno eleganti territori tropical-dance.

Dev'esser stata la paura di deludere a farle ritagliare una comfort-zone senza tempo, scandita da ritmi lenti, dilatati e calde atmosfere da jazz club per quasi metà scaletta. "Stay Awake, Wait For Me" e "Slow Me Down" sono formalmente ineccepibili, ammalianti e interpretate con garbo, ma l'acustica tenerezza della conclusiva "Sam" (dietro c'è nuovamente lo zampino dell'amico Sheeran) è talmente lineare che fa quasi accogliere con giubilo il trombettistico assolo che la sporca sul finale.
E anche se la tenue bossanova di "Selfish Love" strapperebbe un applauso persino alla pigrissima Sade, tutti questi pezzi finiscono col contagiare un sonnacchioso romanticismo all'intero lavoro, offuscando canzoni che prese singolarmente spiccherebbero grazie alla loro sinuosità (una "The First Time" che consola chi non ha troppo apprezzato la recente svolta arty di Solange).

Nella serra di Jessie Ware sono sbocciati appariscenti fiori ornamentali, si è intrufolato qualche profumato fiore di campo, ma anche qualche inaspettata gramigna (le ingombranti chitarre che ingolfano le già non eccelse "Thinking About You" e "Finish What We Started") e rischiano purtroppo di soffocarsi gli uni con gli altri.
Talento interpretativo e cura per arrangiamenti mai banali sono ben dosati come sempre ma coltivare tante piante diverse dando loro il giusto respiro richiede un pollice verde che evidentemente lei non ancora possiede. Per la prossima stagione si auspica la coltivazione di una sola varietà, scegliete voi quale preferireste.

21/10/2017

Tracklist

  1. Midnight
  2. Thinking About You
  3. Stay Awake, Wait For Me
  4. Your Domino
  5. Alone
  6. Selfish Love
  7. First Time
  8. Hearts
  9. Slow Me Down
  10. Finish What We Started
  11. Last Of The True Believers feat. Paul Buchanan
  12. Sam
  13. Til The End*
  14. Love To Love*
  15. Hearts (acoustic)*
  16. Alone (acoustic)*
  17. Last Of The True Believers (acoustic)*

*deluxe edition






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