Tra gli astri decadenti e sotterranei della
new wave italiana a essere giustamente riscoperti troviamo l'
act genovese degli Scortilla, nato intorno alla confusione di fine anni 70 a Genova. Una città che accolse il dadaismo e lo sperimentalismo del gruppo di Pivio, Marco Odino, Edo Livio Bartenor I e Mario Marchesoni (lo Psyco Club fu palco di numerosi infuocati
live) sebbene il loro destino fu quello di una veloce meteora che si spense a metà anni 80 dopo aver rilasciato un solo 12” (“Fahreneit 451”) nel 1984.
Seguaci di un post-punk ormonale e schizzato, macchiato di funk e del cerebralismo punk dei Gaznevada, vicini e lontani ai classici
Devo e primi
Ultravox, gli Scortilla sapevano unire chitarre taglienti a un sax ruffiano e ritmiche sintetiche autistiche, capaci di saltare dalla melodia al rumore.
Un'ebefrenia che ritroviamo nella tragica epica di “Dresda” o in “Fahreneit 451”, assurdo excursus mentale dentro l'apocalisse letteraria di Ray Bradbury. Uno stile difficilmente assimilabile a una coerente e lineare visione creativa, che è riuscito a evolversi continuamente al suo interno. Un approccio e una visione che andavano ad affiancarsi a quella di un art rock fulminante, vicino ai progetti di casa Italian Records, in primis i Gaznevada.
In questa raccolta della Synthetic Shadows si trovano i primissimi materiali prodotti dal progetto, il la prima cassetta, “Box” del 1981, "Climax " registrato live nel 1983 e una nuova versione del singolo "Fahrenheit 451", registrata nel 1984 (merita un ascolto anche la versione demo, facilmente reperibile su youtube). Un'antologia ottima per approfondire il sottosuolo del post-punk italiano, finalmente oggetto di ricerca e riscoperta.
07/09/2013