Una ragazza timida e sensibile, che scrive canzoni nel buio della sua cameretta, nella casa di famiglia nel bel mezzo delle Highlands scozzesi. Nel sentire “Under Mountains” viene facile ragionare per stereotipi, e inquadrare con un po' di malizia - e pregiudizio maschilista - Rachel Sermanni nel quadretto di un’arte domestica, come se il suo fosse un lavoro a uncinetto.
Così come viene facile etichettarla come nuova Laura Marling (ma solo per i singoli, “Bones” e “The Fog”), una sua versione sempre ventenne, ma più dimessa e meno contaminata con le altre star del jet-set folk. E invece, per dirne una, si scopre che qualche contatto coi Mumford – del tutto professionale – c’è già stato; così che, alla fine, è stato proprio Ian Grimble (fondatore della Communion insieme al gruppo londinese) a produrre questo esordio.
“Under Mountains” è il debutto di un’interprete piuttosto promettente, della quale colpiscono appunto il controllo vocale e l’estensione (“Breathe Easy”), più che la caratura delle canzoni e dei loro arrangiamenti.
Le tentazioni scenografiche sono infatti piuttosto didascaliche (“The Fog”, “Song To A Fox”), come nel formicolare uggioso, nella teatralità di “Sea Oh See” e “Sleep”, mentre la maggior parte delle canzoni del disco pende un po’ eccessivamente verso lullaby “sensibili e delicate”, senza mai mostrare una vera tensione espressiva, a parte una vaga sentimentalità (“Waltz”, “Black Current”, “Eggshells”).
Insomma, la Sermanni si spinge qui sui dolci versanti del “grazioso”, presentandosi, anche giustamente e credibilmente, come una nuova promessa del folk anglosassone (che in Uk, va ricordato, è musica popolare a tutti gli effetti). Ma ha ancora parecchia strada da fare per dare un’impronta al suo progetto...
04/10/2012