Nicki Minaj

Pink Friday: Roman Reloaded

2012 (Universal Republic Records)
hip-hop, dance, r'n'b

Dopo un breve apprendistato a base di pepatissimi mixtape, Nicki Minaj s'è abbattuta come una sorta di "arcobalenante" ciclone sul mondo dell'hip-hop - e di tutto il mainstream che ruota attorno ad esso - a partire dal 2009, imponendo nel giro di un paio d'anni la forza espressiva del suo personaggio e della sua stravagante e polimorfa vocalità, prim'ancora che una vera e propria identità musicale.
Questa sorta di Barbie afro-indiana e freakedelica, di Willy Wonka tutta al femminile e vietatissima ai minori, di Lil'Kim ridisegnata con un tratto a metà strada fra Russ Meyer e John Waters, ha messo in mostra fin da subito un flow/cantato bombastico e istrionico, oltre a un'attitudine queer e scanzonata che riscatta con un evidente gusto per la comicità demenziale l'eccesso e la volgarità di alcune pose. Il vasto successo ottenuto (specie negli Stati Uniti) non cancella, tuttavia, l'impressione che la Minaj abbia finora dato il meglio di sé come performer in una serie di singoli slegati fra loro e nelle collaborazioni, più o meno organiche, con altri artisti.

Per contro, sulla lunga distanza la sua verve, le sue gag, le sue invenzioni quasi mai sono state sfruttate a pieno, spesso sprecate da valori di produzione diseguali o votati più alla ricerca di hit facili e per tutti i gusti che alla creazione di un copione musicale su misura per le qualità della sua protagonista. Nella giovane carriera della Minaj assumono perciò maggior rilievo episodi eterogenei come i duetti rap con Eminem ("Roman's Revenge") e Kanye West ("Blazin'" o il capolavoro "Monster" nel disco di quest'ultimo), urban-pop con Rihanna ("Fly" e "Raining Men") o con il compagno Drake ("Make Me Proud") piuttosto che l'album d'esordio "Pink Friday" del 2010 o questo sequel intitolato "Pink Friday: Roman Reloaded" che purtroppo non migliora, anzi se possibile peggiora, le cose da questo punto di vista.

E sì che la partenza, pur senza fare sfracelli, sembra promettente: una variegata serie di brani hip-hop nell'insieme validi e ben calibrati sulle doti interpretative della Minaj. Dal rap caricaturale e circense di "Roman Holiday" al glitch surreale e riverberato del beat di "Beez In A Trap" (ottimo, nello specifico, il lavoro del produttore Kenoe, già nella bottega di maestri come Master P e Jay Z), passando per la breakkata e sboccatissima "Come On A Cone".
Incisiva anche "I Am Your Leader", la strofa electro e minimale in contrasto col ritornello che è quasi un numero da musical bollywoodiano; stesse atmosfere ipnotiche e vagamente punjabi nella tirata "Roman Reloaded" che ospita l'amico Lil'Wayne, mentre tutto giocato sui featuring di Drake e Nas è il pop-hop solenne e autocelebrativo di "Champion". Fin qui tutto bene, come "L'Odio". Tuttavia, si sa, il problema non è la caduta ma l'atterraggio.

La sua smania di universalità, di piacere a tutti e subito, la porta a inserire, infatti, un secondo album completamente diverso all'interno dello stesso disco, realizzando ben quattro brani assieme al produttore dance più amato dai tamarri di mezzo mondo, lo svedese RedOne (con buona pace di David Guetta, con cui la Minaj ha comunque lavorato recentemente).
Se "Starship", il singolo che inaugura la loro collaborazione, è un giocattolo funky di plastica, gonfiato a sproposito a suon di synth fino a una roboante esplosione, che può divertire e addirittura stupire, i successivi brani non sono altro che una prevedibile reiterazione delle stesse grossolane idee che la Minaj, per giunta, non sempre affronta col carisma necessario per non spersonalizzarsi, uscendone schiacciata.

La sequenza che si snoda da "Pound The Alarm" a "Beautiful Sinner" sarà anche in grado di far ballare distratte folle oceaniche di bocca buona, ma altro non è che un pompato collage di brandelli già proposti da Lady Gaga e Jennifer Lopez (presenze costanti alla corte del richiestissimo svedese) e il risultato, non certo lusinghiero, è quello di dar l'impressione che la Minaj sia alle prese con altri featuring-marchetta di lusso e non con i suoi nuovi brani.
Come se la lunga sbandata dance e il precedente, dolciastro duetto r'n'b con Chris Brown, "Right By My Side", non fossero sufficienti, la poliedrica Minaj decide che vi è anche spazio per un finale romantico e all'insegna dell'urban-pop più femminile, spaziando dal soft-rock pianistico di Beyoncé in "Marilyn Monroe" alle sonorità reggaeton care a Rihanna in "Gun Shot". Tutti brani che non solo faticano a lasciare positivamente il segno all'interno del suo album, ma che forse suonerebbero alla stregua di riempitivi anche in quelli delle suddette colleghe.

Quando "Stupid Hoe", incalzante e martellante parodia rap che riprende le coordinate iniziali, arriva a sigillare la scaletta, è troppo tardi, serve solo per rimarcare il dispiacere nel sentirla scimmiottare le altre, seppur con un'innegabile dose d'ironia, quando potrebbe facilmente ambire, con un po' più di determinazione e una migliore visione d'insieme, al ruolo di rapper statunitense più talentuosa e riconoscibile dopo Missy Elliott (seppur ancora orfana del suo Timbaland).
Purtroppo la pressione di diventare quella popstar globale e ideale per questi tempi da social-network, dove un automatico e momentaneo click, e non la volontà di lasciare un segno più tangibile e personale, sembra ormai diventato il fine ultimo, deve essersi fatta sentire non poco tra una rima e l'altra.

05/04/2012

Tracklist

  1. Roman Holiday
  2. Come On A Cone
  3. I Am Your Leader (feat. Cam'ron & Rick Ross)
  4. Beez In The Trap (feat. 2 Chainz)
  5. HOV Lane
  6. Roman Reloaded (feat. Lil Wayne)
  7. Champion (feat. Nas, Drake & Young Jeezy)
  8. Right By My Side (feat. Chris Brown)
  9. Sex In The Lounge (feat. Lil Wayne & Bobby V)
  10. Starship
  11. Pound The Alarm
  12. Whip It
  13. Automatic
  14. Beautiful Sinner
  15. Marilyn Monroe
  16. Young Forever
  17. Fire Burns
  18. Gun Shot (feat. Beenie Man)
  19. Stupid Hoe

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