Ibrahim Ag Alhabib ci racconta che non ascolta musica moderna ed è solo frutto di empatia umana la collaborazione con i Tv On The Radio e della Dirty Dozen Brass Band; per entrare nel mondo sonoro dei Tinariwen hai solo bisogno di vivere nel deserto e di condividere le usanze e lo spirito d’umiltà che è fondamentale per il popolo Tuareg.
Dopo aver portato la loro musica tra le pareti di uno studio discografico i Tinariwen realizzano con “Tassili” il loro album più autentico e rurale, l’Algeria si trasforma in luogo di meditazione e elaborazione sonora per delle sonorità più personali e testi più intimi.
“Tassili” è un luogo affascinante, un paesaggio quasi lunare che i guerriglieri Tamashek utilizzavano per rifugio durante la rivolta contro il regime del Mali, rocce e caverne possiedono il giusto corpo acustico per accogliere le preziose creazioni di Ibrahim e compagni.
Dopo aver esplorato il fascino della chitarra rock e le pulsanti vibrazioni del dub, Ibrahim Ag Alhabib adagia le sue composizioni su un terreno più familiare e tradizionale che genera un nuovo modo di essere blues.
L’incrocio di voci che introduce e caratterizza “Imidiwan Ma Tennam” è ormai un archetipo dei Tinariwen, le piccole coloriture elettroniche (Nels Cline dei Wilco) sono una cornice preziosa che non altera il paesaggio sonoro, l’album scivola così con naturalezza e malinconia, dopo aver portato la musica dei Tinariwen nella cultura occidentale, ora è il gruppo a condurre il popolo occidentale tra le lande desertiche e solitarie del suo mondo.
Gli appassionati di contaminazioni etniche troveranno “Tassili” meno stimolante dei precedenti capitoli del gruppo, i sentimenti, la pace e il tè hanno sostituito la rabbia e i fucili che sembravano tuonare nei precedenti album.
”Tamiditin Tan Ufrawan” è l’episodio più vicino al precedente capitolo e ripropone con elegiaca magia l’incantevole incrocio tra strumenti tradizionali e chitarra elettrica che ha caratterizzato il percorso del gruppo, all’inverso “Tenidagh Hegh Djeredjere” rappresenta lo zen della nuova veste sonora dei Tinariwen, un blues sporco e spartano che non cede a compromessi armonici e trasuda poesia in ogni nota.
Se l’animo occidentale si copre di polvere per mascherare il suo essere, per i Tuareg è invece la polvere il fulcro emotivo del loro esistere, arida a volte, empia di malinconia e solitudine, ma fonte di aggregazione umana e anche artistica.
Non si riesca a immaginare colonna sonora migliore di “Iswegh Attay” per entrare tra le pieghe di questo desert-blues: l’incidere avvolgente e profondo del brano sconfigge le poche perplessità e apre le porte a questa magnifica rappresentazione del dolore e della solitudine.
È la tristezza in comune con ogni popolo a rendere brillante questa musica, non è infatti un caso che sia la Dirty Dozen Brass Band protagonista di una delle pagine più malinconiche dell’album, il blues di New Orleans incontra la musica dei Tinariwen nella stravolgente e carnale “Ya Messinagh”, un’altra pagina trionfale di un disco straordinario,
Musicalmente “Tassili” è un piacere sublime, un album che allinea loop moderni e strali di funk con l’intensa poetica dei Tuareg e contamina di gioia Tunde Adebimpe (Tv On The Radio) che la intona in falsetto nella eccellente “Tenere Taqqim Tossam”.
Ma è anche l’album dei canti d’amore di Ibrahim Ag Alhabib, adornati da splendide armonie vocali e ritmiche “Aden Osamnat” e da meditative suggestioni acustiche in “Asuf D Alwa”.
Sono canzoni nate per essere cantate vicino al fuoco nel deserto per invocare pace e armonia. I Tinariwen non cercano attenzione ma rispetto, "Tassili" è il loro album meno vario, ma è il più vitale e autentico, il loro capolavoro.
01/09/2011