Herman Dune

Next Year In Zion

2008 (City Slang)
country-antifolk

La band svedese è nata nel 1999 ed è formata dai due fratelli André Herman e David Ivar Herman Düne, cui si è aggiunto Neman Herman Düne, che, a dispetto del cognome, non ha invece alcuna parentela coi restanti musicisti e proviene dalla Svizzera (anche se attualmente i tre operano in Francia).

Country-folk molto vintage anche nel loro settimo album ufficiale, molti lettori avranno gia cambiato pagina sul web al solo nominare la parola country: peccato, perché “Next Year In Zion” è stuzzicante e godibile.
Non è il country dei cowboy intorno al fuoco, né il melenso suono patriottico di John Denver, quello che aleggia tra le righe del loro sound, non v’è nemmeno il tono post-war di C.S.N.&Y. o del Bob Dylan elettrico: voce nasale, composizioni accattivanti con profumi esotici di musica caraibica, un tono quasi da boat-song alla Jimmy Buffett, ma tutto accompagnato da una buona scrittura e da performance strumentali pregevoli.

L’essenzialità della strumentazione e il tono non edulcorato avvicinano la sua proposta a nuovi cantori del folk-country come Cat Power o i Moldy Peaches, ma rimandano anche a grandi protagonisti della scena americana, come Jonathan Richman, Kim Fowley, Flo & Eddie, nei quali la componente rock’n’roll era molto consistente.
Non è nuovo o rivoluzionario, il loro sound, ma è vibrante e ingegnoso, anche grazie a una scrittura di buon livello. Alcune canzoni si compiacerebbero di una eventuale rivisitazione di altri artisti più famosi, trattandosi di composizioni ricche di sfumature - dal blues al pop più sofisticato - che godrebbero di una veste più elaborata.

In “Next Year In Zion” si alternano pregevoli ed elaborate ballate dai toni spensierati con incantevoli inserti strumentali ,“Try To Think About Me (Don't Worry A Bit)” stuzzica per i suoi profumi hawaiani, mentre  tuba e assoli di chitarra indiavolati animano “My Home Is Nowhere Without You”.
Altrove non mancano spunti originali, dai giocosi cori alla Phil Spector per il quasi naif rock’n’roll di “Baby Baby You're My Baby”, alle originali strutture ritmiche di "When The Sun Rose Up This Morning“ e “On A Saturday”, che evidenziano una cura timbrica degna dei vecchi artefici del pop anni 60.
Tra le pieghe dell’allegria dominante si inseriscono momenti più da songwriter, come “Next Year In Zion”, malinconica e intensa, e la buona “When We Were Still Friends”, che sembra uscire da un album di Leonard Cohen, mentre "Nothing Left But Poison In The Rain" ripropone tutto il fascino del western-spaghetti.

Non tutto eccelle, però, in quest’album: molte volte la noia è dietro l’angolo, la struttura amabilmente prevedibile non regala molti spunti di originalità che stimolino il riascolto. Herman Dune è un bravo songwriter che rischia di essere velocemente dimenticato, se non riuscirà a tirar fuori dal proprio mondo musicale la sua perfetta pop-song.
In verità il suo asso nella manica lo ha già estratto nel precedente album “Giant”, dove la presenza della eccellente “I Wish That I Could See You Soon” aveva fatto gridare al miracolo la stampa americana. Quella di Herman Dune non è musica da gustare fino in fondo, ma un assaggio è comunque consigliabile, in virtù di una proposta quantomeno difforme dalla massa delle produzioni contemporanee.

30/10/2008

Tracklist

1. My Home Is Nowhere Without You
2. Try To Think About Me (Don't Worry A Bit)
3. When The Sun Rose Up This Morning
4. When We Were Still Friends
5. On A Saturday
6. My Baby Is Afraid Of Sharks
7. Lovers Are Waterproof
8. Next Year In Zion
9. Someone Knows Better Than Me
10. My Best Kiss
11. Baby Baby You're My Baby
12. Nothing Left But Poison In The Rain
   

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