Gotye

Gotye

Giochi di specchi

Esploso in ritardo, almeno in Italia, grazie a "Making Mirrors", Wouter Wally De Backer aka Gotye è diventato uno dei fenomeni pop dell'anno. Ricostruiamo la strana storia di questo musicista e cantautore belga naturalizzato australiano, dagli esordi fino alla fama attuale

di Gianfranco Marmoro

Bruges, Belgio; corre l'anno 1980, la famiglia Da Becker saluta la nascita del piccolo Wouter. Due anni dopo lascerà la terra natia per Melbourne (Australia), città che permetterà di far sbocciare al giovane rampollo (in seguito noto come Walter per motivi scolastici) la passione per la musica: gli strumenti su cui si concentrerà sono il pianoforte e la batteria.
L'amicizia con il bassista Lucas Taranto nasce quando i due formano la band dei Downstares, che grazie a un'intensa attività live e una buona scrittura pop-rock attira l'attenzione della stampa australiana. L'amore giovanile di Wouter per Kate Bush e Depeche Mode è noto e manifesto a tutti i web-surfer, meno conosciuta è invece la sua curiosità nei confronti della lingua e della cultura giapponese e per la giurisprudenza - l'andamento altalenante dei suoi studi universitari sarà il motivo per cui il giovane non seguirà la famiglia nel 2001 e resterà nella casa di Montmorency (Victoria), che diventerà la base logistica delle sue nuove avventure musicali.
È il periodo più importante per la formazione musicale di Wally - le cronache raccontano leggende e aneddoti sulla Frat House, con il suo crescente andirivieni di amici e musicisti, e soprattutto la frustrazione dell'artista che non trova sbocchi alla sua vena creativa. La batteria è l'unico strumento che il musicista possiede e conosce con dovizia, ma la tecnologia offre nuove frontiere: grazie al sampling e ai laptop Wouter scopre la possibilità di allargare virtualmente il suo parco-strumenti.

Sarà un evento imprevisto e quasi prodigioso a dare l'input decisivo: un anziano vicino, colpito dalla sua passione per la musica e memore dei suoi concerti coi Downstares, regala la collezione di dischi della sua defunta moglie. Un amico convinto delle sue potenzialità suggerisce di utilizzare quell'enorme massa di musica in vinile per estrarre i suoni e le suggestioni necessarie per creare nuove canzoni.
La persistenza e la tenacia aiutano Wouter nella sua nuova fase creativa, che comincia a dare i primi frutti con un Ep di quattro pezzi stampato in cinquanta copie disegnate a mano. Il mini-album include "Out Here In The Cold", futuro brano d'apertura del suo esordio.
Nel frattempo, l'incontro con Kris Schroeder e Tim Heat dà sfogo alla sua voglia di musica live con la creazione del gruppo dei Basics: la fusione di pop, reggae, ska, elettronica e country è ben testimoniata dai quattro album del gruppo. Nonostante alcune radici creative siano comuni, le due forme sonore conservano identità e autonomia artistica.

Wouter preserva la propria filosofia di laptop-music per il progetto Gotye, che approda al primo vero album, Boardface, che raccoglie i dodici brani dei tre Ep precedentemente pubblicati in serie limitata e disegnati a mano. L'artista eredita dal padre anche la passione per la pittura, e lo omaggia utilizzando un suo disegno per la copertina dell'album.
Boardface presenta dodici brani composti nelle accoglienti lande del suo letto e con l'ausilio di un computer Intel 386. Le intuizioni e le gesta di Moby vengono facilmente evocate, ma è solo un'attitudine comune. Curioso e sensibile a fonti sonore diverse, il musicista sembra affascinato dalle sonorità vintage e dalla colonne sonore anni 50, al punto tale che "Out In The Cold" apre l'album tra citazioni hollywoodiane e una sensuale malinconia decadente. Eccellente "True To You", un funky intriso di erotismo noir che ospita le cupidigie vocali di Michaela Alexander; travolgente "What Do You Want?", una rumba ruffiana e beffarda ricca di sonorità esotiche estratte da vecchi vinili della 4-Phase Rca.
I brani sono quasi tutti mid-tempo dalla cornice drum'n'bass, con la graffiante eccezione di "The Only Thing I Know", un elettro-rock che sarà recuperato nella versione internazionale di Like Drawing Blood.

Blues, soul, rock, jazz e sonorità house scivolano sapientemente tra le mani del giovane Wally (d'ora in poi "Gotye"), che si dimostra un abile e raffinato compositore. La sua felicità è fatta di piccole cose, il maglione con tanto di orsetto ricamato rappresentano il frutto delle vendite che appagano le sue attese. Quando i genitori vendono la frat-house, Wally si trasferisce a Melbourne, in Australia, alternandosi tra il lavoro in una biblioteca comunale e la musica.
Un Apple G-4 e dei materassi più confortevoli vedono nascere le canzoni del secondo album Like Drawing Blood.

Pubblicato nel 2006 come self-released, il progetto raccoglie consensi tra la stampa australiana, conquistando vari premi come "miglior prodotto indipendente dell'anno": il titolo dell'album (che molte biografie fanno nascere erroneamente dal periodo difficile per l'artista) nasce dall'incidente occorsogli mentre leccava una busta postale per sigillarla. Il 36° posto nelle classifiche australiane e le 35.000 copie vendute danno inizio alla conquista del mondo.
L'ascolto di Like Drawing Blood non lascia indifferenti: groove di eccellente fattura, trip-hop e un po' di jungle, su cui si agitano influenze variegate che vanno dal reggae al soul, al rhythm and blues fino al lounge e al dream-pop per un album che suona familiare per tutte le matrici adoperate, e risulta altresì nuovo e stimolante per la potente caratura delle composizioni.
Realizzato interamente nella sua stanza da letto nel 2006 (esiste una prima versione distribuita privatamente dall'autore) e licenziato nel resto del mondo solo nel 2008, il disco si candida subito come uno dei più brillanti saggi di laptop-music del decennio.
La musica di Wally De Backer flirta col mainstream, ma evoca modernità nel rifiuto della pomposità insita nella pop music da supermercato. C'è una cura smisurata per i suoni, che avvicina il suo stile all'art-rock di artisti come Peter Gabriel o i Blue Nile, ma nello stesso tempo il gusto dell'imprevedibile aggiunge una freschezza avulsa al genere. Una vera boccata d'ossigeno, con la freschezza dei suoni che si sposa con una delicata malinconia.
L'eccessiva cautela dei critici non afferra la complessa varietà dell'album, che spazia dal pop arabo di "The Only Way" al dark-soul stile Depeche Mode di "Thanks For Your Times" fino alle pulsioni dance di "Like Drawning Blood", un brano impetuoso abbracciato da profumi esotici e sensuali alla Trans-Global-Underground. La musica procede senza incertezze tra incursioni nel dub ("Puzzle With A Piece Missing"), profumi lounge e western ("Seven Hours With A Backseat Driver"), romanticismo zuccheroso ("Night Drive"), senza rinunciare all'immaginazione e al disincanto che dona leggerezza e buon gusto.
Nella versione internazionale la possente incursione nel rock di "The Only Thing I Know" viene recuperata da Boardface sostituendo il trip-hop di "A Distinctive Sound" e dando ancor più spessore all'album, che offre altre perle come l'indiavolata "Learnaligivinalovin" - un rhythm & blues di scuola Motown, sporco quando basta per far muovere il corpo - la deliziosa ballata trip-hop "Heart's A Mess" e l'euforica follia di "Coming Back", un tango elettronico sensuale graziato da uno spettacolare arrangiamento.

Le settantamila copie vendute in Australia e il successo dei singoli estratti ("Learnalilgivinalovin", "Heart's A Mess") consegnano a Gotye il successo in patria con un primo posto nella classifica del readers' poll della stampa musicale. Wouter non abbandona la sua naturale curiosità per fonti sonore alternative - vecchi dischi, cassette e video comprati in negozi di usato, una passione che condivide con alcuni musicisti coinvolti nel remix project Mixed Blood.
Ci sono ben tre remix di "Heart's A Mess", tra i quali spicca l'ottima versione notturna di Joe Hardy, ma è la rielaborazione da parte di Ens di "Puzzle With A Piece Missing" la vera sorpresa: sensuale e raffinata, supera in qualità l'originale.
Non tutto è comunque all'altezza del progetto originale: "Learnalilgivinanlovin" resta in sospeso, "The Only Thing I Know" perde smalto ed energia mentre "Coming Back", nella rilettura di Inga Liljestrom, stuzzica e introduce possenti atmosfere dream-pop.
Nello stesso periodo Gotye distribuisce alla stampa una versione promo dell'album, che include anche le tracce musicali prive delle tracce vocali - un cd che diventa un oggetto ricercato dai collezionisti anche per il suo curioso packaging.

Stabilitosi definitivamente a Melbourne, Gotye ricava uno studio di registrazione dalla vecchia fattoria dei genitori, trasforma un vecchio dipinto del padre e ricava la copertina per il nuovo disco Making Mirrors. La curiosità nei confronti di sorgenti sonore diverse e inedite spinge il musicista a procurarsi un registratore portatile stereo per incidere suoni casuali (estratti da tubi di plastica, travi di legno, ranocchi, tamburelli) e field recordings.
Ma la vera novità del progetto è la maggiore presenza di registrazioni live con strumenti reali. I contributi di altri musicisti rendono ancor più vitale il sound: Michael Hubbard (pedal steel guitar), Gareth Skinner (effetti sonori armonici sul violoncello), Lucas Taranto (basso) e, soprattutto, Francois Tetaz (lavoro di produzione supplementare e miscelazione) danno corpo alle intuizioni sempre felici del musicista australiano.
Il nuovo album è lo zenit artistico dopo otto anni di ricerche. Il Technics 1200 continua a ricavare strane voci e suoni da fonti sonore disparate e senza alcuna coesione stilistica, le geniali intrusioni ritmiche di Gotye e il minimo contributo di alcuni musicisti-amici cesella ogni sospiro di queste nuove geniali creazioni di laptop music. Rock e soul con un garbato tratto psych-folk e art-rock sposano le soluzioni sonore di Peter Gabriel e l'r'n'b, riletto da Beck e Mgmt con uno stile ormai familiare e personale.
Geniale e raro esempio di perfezione creativa, "Somebody That I Used To Know" è l'hit single che mancava al ricco e fantasioso 2011: poche linee di basso che introducono strumenti esotici (un mini-xilofono) e la voce magnetica di Kimbra che si snoda in un gioco armonico su impercettibili variazioni timbriche che rendono il brano incantevole. L'ascoltatore resta prigioniero di una magia sonora che si protrae per tutto l'album. Pop anni Sessanta ("In Your Light"), riff di chitarra vivaci ("Easy Way Out"), eccellenti intrecci ritmici e tribali ("Smoke And Mirrors") realizzano le ambizioni di Gotye con risultati straordinari. I tocchi vintage e gli echi Motown in "I Feel Better", gli scampoli di reggae che accompagnano il vocoder in "State Of The Art" e le contaminazioni noise-elettroniche in "Don't Worry, We'll Be Watching You" completano uno dei più abili prodotti di art pop del decennio. Making Mirrors concentra anni di linguaggi musicali, rigenerando sensazioni familiari e restituendo credibilità alla sottile arte del pop.

Il successo di Making Mirrors è lento ma travolgente: la classifica del Regno Unito è presa d'assalto e ben presto il singolo "Somebody That I Used To Know" appare in tutte le classifiche, compresa quella italiana - un evento che nell'era della multimedialità e della frammentazione produttiva suona come un miracolo. L'interminabile serie di cover del brano dimostra che Gotye è riuscito nel difficile intento di suggestionare una vasta platea apparentemente imbolsita dalla "mediocrità aurea" della musica contemporanea. Ora, però, il gioco si fa duro per il musicista australiano: la prevedibilità è in agguato, ma la sua abilità nel gestire fonti sonore diverse è ancora tutta da esplorare.

Gotye

Discografia

Boardface (Inertia, 2003)

7

Like Drawing Blood (self-released, 2006; Lucky Number, 2008)

8

Mixed Blood (remix, self-released, 2007)

6

Gotye (antologia, U.S. only, Lucky Number, 2008)

7

Making Mirrors (Eleven: A Music Company, 2011)

8

Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Out Here In The Cold
(videoclip da Boardface, 2003)
Learnalilgivinanlovin
(videoclip da Like Drawing Blood, 2006)
Easy Way Out
(videoclip da Making Mirrors, 2011)
Eyes Wide Open
(videoclip da Making Mirrors, 2011)

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