Offlaga Disco Pax

Offlaga Disco Pax

Socialismo in formato digipack

Due musicisti (Enrico Fontanelli e Daniele Carretti) e un paroliere (Max Collini) compongono l'eccentrica formazione emiliana che ha fatto irruzione nella scena indie con gli irresistibili reci-cantati di "Socialismo tascabile", riproposti, con ulteriori evoluzioni, nei successivi lavori, fino alla prematura scomparsa di Fontanelli e allo start-up del nuovo progetto Spartiti

di Claudio Lancia, Davide Bassi, Gianni Candellari

Offlaga Disco Pax. Italianissimi, nonostante il nome astruso. Emiliani, per la precisione.
Enrico Fontanelli (moog, casiotone, basso, basi), Daniele Carretti (chitarra, basso) e Max Collini (voce, testi).
Vincitori del Rockontest 2004, prima dell'uscita di questo album si erano già fatti una fama "underground" grazie a una serie di performance in tutt'Italia che ha loro permesso di non far passare inosservata questa prima pubblicazione ufficiale, per Santeria.
Socialismo tascabile è un album strano, di cui è davvero difficile parlare, innanzitutto perché più che proporre un'unica via, lascia ampio spazio alla discussione, alla faticosa ricerca di capire cosa c'è dietro a un progetto simile e quali siano le idee che si vogliono portare avanti.
Sentendo il disco si resta esterrefatti e un po' spaesati davanti all'originalità e all'enorme numero di influenze che vi sono confluite.
I testi recitati e non cantati fanno subito pensare ai Massimo Volume, i temi trattati riecheggiano quelli dei Cccp, il minimalismo musicale ed elettronico sembra prendere qualcosa da Kraftwerk, Suicide e Cabaret Voltaire, arrivando fino a Xiu Xiu e Radio Dept.
E sarebbe riduttivo non notare le influenze letterarie di due scrittori, diversissimi, come Pier Vittorio Tondelli (per la descrizione dell'ambiente emiliano-romagnolo dei primi anni 80) e Aldo Nove (per la scrittura che non ha paura di avvicinarsi all'oralità e per la commistione alto-basso).

Gli Offlaga Disco Pax raccontano un mondo che non c'è più, quello del comunismo sognato negli anni 70 e 80, in un piccolo paese emiliano come Cavriago.
Ma non si tratta di pura declamazione o di nostalgica rievocazione: è attraverso temi apparentemente slegati, come la condotta scolastica ("Kappler"), il primo amore ("Khmer rossa") o, sorprendentemente, una storia del chewing-gum ("Cinnamon"), che va a delinearsi uno spaccato di un momento storico, di una regione e di un quartiere "dove il Partito Comunista prendeva il 74%". In mezzo al passato fa capolino il presente, tra quadretti ironici dove si parla dell'odio per un commesso ("Tono metallico standard") o della fine di un amore, simboleggiata da una ciabattina di spugna ("De Fonseca").

Ricordi, sensazioni, umori, idee: tutto quanto raccontato attraverso lo sguardo personalissimo di chi allora era giovane e pieno di buone intenzioni, cresciuto in un humus in cui non si poteva non parteggiare per la Rivoluzione, i Sandinisti, Robespierre, Berlinguer, ma allo stesso tempo si giocava a Space invaders, si captava Tele Capodistria e si vedeva Anna Oxa a Sanremo.
In un pezzo quasi dance, intitolato proprio "Robespierre", i ricordi vengono elencati uno a uno, senza connessione logica, senza una cernita precisa: semplicemente tutto ciò che è rimasto di un'epoca.
E poi, la doccia fredda: "Tatranky". Oltre otto minuti di declamazione e oppressione che ricordano la gloriosa "Emilia Paranoica" dei Cccp.
Ma dalll'Emilia ci si sposta alla Praga odierna, spogliata di ogni simbolo sovietico, inglobata dal capitalismo, dove nella discoteche si balla "Felicità" di Al Bano e Romina e dove anche i wafer sono prodotti da una multinazionale.
E' in quel "Ci hanno davvero preso tutto" con cui culmina il pezzo che è forse rintracciabile il senso dell'intero disco: nella rassegnazione, nell'accettazione di avere perso, di non essere più in grado di poter cambiare le cose, di aver sbagliato tutto, di non avere più qualcosa in cui credere ciecamente.

Qui ci sta una riflessione: è noto come la canzone politica e di protesta in Italia sia degenerata da ormai molti anni. L'unico nome che viene in mente è quello dei Modena City Ramblers, collettivo di capelloni in grado di sciorinare luoghi comuni sui mille abusatissimi e superatissimi temi della sinistra. Se c'è qualcuno che sembra aver capito qual è la direzione che deve prendere la canzone politica, nel 2005, in tempi di globalizzazione e di multinazionali, questi sembrano proprio gli Offlaga Disco Pax: perché è inutile la protesta, è inutile riparlare ancora di Che Guevara e del Chiapas e allo stesso tempo è inutile prendersela con i Mc Donald's e le multinazionali.
La rassegnazione, l'accettazione di una sconfitta, ma allo stesso tempo la dura e terribile constatazione di una società che forse non ci sta bene del tutto: questo è qualcosa che mancava, e che adesso grazie agli Offlaga Disco Pax c'è.
Aggiungete a tutto questo che le musiche sono al passo coi tempi e non li farebbero sfigurare in un eventuale confronto con ben più celebri artisti stranieri, aggiungete un forte accento emiliano che non ha paura di errori di dizione, aggiungete una grande dose di ironia che in alcuni tratti diventa davvero irresistibile, e otterrete un disco superbo, importante e al di là di ogni classificazione.
Difficile non amarlo o quantomeno apprezzarlo, comunque voi la pensiate, qualunque età abbiate.

Odiati o amati senza mezze misure, agli Offlaga gl’importa ‘na sega delle aspettative che li circondano e per il secondo album non cambiano la loro formula, ritornando con i soliti racconti del reci-cantante Collini su sfondi sonori debitori tanto all’elettronica di Kraftwerk e Suicide quanto al post-rock dei loro amici Giardini di Mirò.
In realtà, però, solo superficialmente tutto resta uguale, tra Bachelite (2008) e il suo fortunato predecessore ci sono forse lievi ma sostanziali differenze, nei testi, in cui si respira un’aria meno politica, e nella musica di accompagnamento, che subisce un sensibile passo in avanti.
Se è vero che l’iniziale storia dell’antipatica Carlotta di “Superchiome” e il racconto dell’epica impresa sportiva del compagno Yashenko, con le sue svisate di moog, in "Ventrale" possono apparire copie di pezzi passati, già nella divertente “Dove ho messo la Golf?” – storia di macchine, vigilasse fate, poliziotti briscolari e presidenziali brasiliane – con i suoi ottimi synth stile “Incontri ravvicinati del terzo tipo” e gli incroci tra chitarra e piano si può denotare una maggior ricercatezza musicale.
Ricercatezza che cresce man mano nel disco, da “Cioccolato I.A.C.P.” nel cui post-rock s’insinua un violoncello, passando per “Fermo!” – la lotta per l’autodeterminazione del chirocefalo sui monti sibillini - con un altro mirabile lavoro dei synth, per arrivare a “Onomastica”, che mette in secondo piano il racconto per concentrarsi sulla musica, in cui convivono un basso pulsante, una batteria accelerata, elettronica alla deriva e, su tutto, le divagazioni improvvisate di un sax, suonato da Andy dei Bluvertigo.
L’esplosione di rabbia e sdegno nel pre-finale di “Sensibile”, sulla vicenda Mambro-Fioravanti, e il commovente ricordo del padre in “Venti minuti”, con tanto di transfert emozionale alla Erri De Luca di un commilitone che vede nel figlio la figura del amico defunto, infondono sprazzi di umanità finora sconosciuti nel lavoro del gruppo emiliano.
Bachelite, insomma, è il disco di un gruppo in crescita, non immobilizzato in uno standard, ma alla ricerca di un progresso ulteriore nel proprio stile.
Il tour a supporto del disco si chiude a novembre 2009 dopo aver totalizzato circa cento concerti.

Il 2010 si apre con la registrazione di un brano inedito, "Isla Dawson", inserito nella compilation "Materiale resistente 2010".
La seconda parte dell'anno è invece dedicata alla rielaborazione di alcune tracce dei primi due album: tolti di mezzo i rigogliosi arrangiamenti che condivano le belle liriche scritte da Collini, via le derive simil shoegaze e le ritmiche martellanti, gli Offlaga hanno puntato su tappeti sonori disegnati esclusivamente da tastierine Casio degli anni '80, recuperate per pochi rubli nei mercatini dell'usato o da qualche rigattiere sbucato in rete fuori tempo massimo.
Il risultato di questo processo è confluito in Prototipo, Ep autoprodotto, stampato in edizione limitata (appena cinquecento copie) vendute durante il tour promozionale (denominato non a caso "Prototipo Tour") che si è protratto fino alla fine dell'anno.
Le sei canzoni prescelte per essere sottoposte al nuovo trattamento sono state "Robespierre", "Tono metallico standard", "Fermo!", "Lungimiranza", "Onomastica" e "Ventrale".
Gli spettacoli dal vivo sono una vera e propria estensione dell'EPp, visto che il trattamento Casio è stato riservato anche a "Superchiome", "Khmer rossa", "Dove ho messo la Golf ?", "Tatranky", "De Fonseca" e "Piccola Pietroburgo", più un inedito intitolato "Bassline", la storia di un tizio che si ritiene il fautore del sound dei Massive Attack, con testo estratto da un racconto del libro "L'ultimo disco dei Mohicani" di Maurizio Blatto.
Nel progetto "Prototipo" tutto risulta essere molto minimale: elettronica povera a bassa risoluzione che si trasforma in fonte sonora dalle insospettabili possibilità espressive. Situazioni ai limiti del lo-fi che escono dalla dimensione domestica per divenire piccole orchestrazioni a sostegno delle narrazioni agiografiche di Max Collini.

Il terzo lavoro ufficiale degli Offlaga Disco Pax, Gioco di società (2012) non fa altro che consolidare e mettere a fuoco lo stile dei reggiani. Storie dei quartieri suburbani di quella che non era ancora la Padania, intrise di vitalità giovanilmente piccolo-borghese, disciolte in beat sintetici tra il post-rock e l'elettronica kraftwerkiana.
Cosa c'è allora di nuovo in questo gioco di società? Meno citazioni letterarie, meno fervori sentimentali, meno chitarre. È un gioco di sottrazione quello attuato dal terzetto di Cavriago. Basso e drumming spazzano via le sei corde, mentre gli aneddoti di Collini si fanno più freddi, gelidi come il vento tagliente del porto di Arcangelo, direbbe lui stesso. È una rivoluzione che si normalizza, quella degli Offlaga, una rivoluzione in cui lo sfondo rosso si fa più sbiadito, seppur sempre ben presente ("Palazzo Masdoni"), e nel quale anche per le passioni, gli amori, c'è sempre meno spazio.
Sport, politica, storie di gioventù, i temi dai quali Collini fa partire le sue riflessioni sociologiche su un Italia che, vista dagli occhi dell'adolescenza eighties, ci piace pensare migliore di quella odierna. Facendo finta di non vedere che le stesse contraddizioni di allora sono quelle sulle quali si poggia la nostra bistrattata nazione, cui Max guarda con toni dimessi che si intrecciano a quelli altrettanto disincantati degli episodi più intimisti ("Parlo Da Solo", "Desistenza").

Il 4 aprile 2014 arrivò il tristissimo annuncio della scomparsa di Enrico Fontanelli, attraverso un comunicato postato da Max Collini e Daniele Carretti sulla pagina facebook della band: "Qui Daniele e Max. Dobbiamo darvi una notizia terribile. Questa notte Enrico Fontanelli, nostro fratello da sempre in questa avventura chiamata Offlaga Disco Pax e fondatore insieme a noi del gruppo, ci ha lasciati. Non stava bene da qualche tempo, ma certo non immaginavamo un epilogo del genere e non abbiamo parole per esprimere alla sua compagna Elena, alla sua bellissima bambina Leila nata pochissimi mesi fa, alla sua famiglia, ai suoi fratelli Andrea e Fabrizio, ai suoi amici e alle tantissime persone che lo hanno conosciuto e amato i nostri sentimenti. Chi lo vorrà potrà venire a dargli un saluto oggi, Venerdì 4 Aprile, alla camera ardente che sarà aperta dalle ore 15,00 e fino alle ore 18,00 presso l'obitorio dell'ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia in via Benedetto Croce. La camera ardente riaprirà domattina, Sabato 5 Aprile, dalle ore 8,00 fino alle ore 14,45. Il funerale si terrà sempre domani, Sabato 5 Aprile, a partire dalle ore 14,45 presso la camera ardente in via Benedetto Croce, da dove lo accompagneremo poi al cimitero di San Giovanni di Querciola, nel comune di Viano (RE). Ciao Enrico, cercheremo di onorare ogni giorno le infinite meraviglie che ci hai donato nei bellissimi anni che abbiamo passato insieme a te."
Enrico Fontanelli era nato nel 1977 a Reggio Emilia, era stato autore di tutti gli artwork dei dischi pubblicati dagli Offlaga, e nel 2012 si aggiudicò il premio "Best Art Vinyl Italia" per il lavoro svolto su Gioco di Società.
Nel 2013 si occupò della produzione artistica del fortunato Glamour, il secondo album de I Cani.

Dopo la dolorosa e prematura scomparsa di Enrico Fontanelli, che ha imposto lo stop definitivo all’esperienza Offlaga Disco Pax, Max Collini ha trovato nella collaborazione con Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò lo spiraglio per poter continuare a vestire di suoni i propri racconti sul materialismo storico e la lotta di classe. Il progetto nacque in realtà nel 2007, grazie ad incontri sporadici che si concretizzarono nel progetto “Letture emiliane”, ma soltanto dal 2014 l’estemporaneità prese una forma continuativa, nelle sembianze di un tour e di sei tracce registrate dal vivo, riunite in un dischetto oramai introvabile. Grazie a Woodworm, Spartiti assume una connotazione ancor più tangibile, con il sostegno al vero e proprio esordio del duo, un’idea per molti versi simile a quella portata avanti da Emidio Clementi (l’altro grande declamatore italiano) con Corrado Nuccini (altro membro storico dei Giardini di Mirò), anche se i temi trattati sono (almeno all’apparenza) distanti. Nella sfiziosissima narrazione di Collini fa sempre da sfondo lo scenario politico, ricordi in parte autobiografici (come lo spassoso racconto “Vera” sul Massimiliano adolescente, fra primi impegni di sezione e giovani studentesse innamorate) e in parte incentrati su scolorite istantanee emiliane. In “Sendero luminoso” Max riprende persino un manifesto scritto negli anni 80 di proprio pugno  assieme al compagno Arturo Bertoldi, attraverso il quale con grande autoironia mostra un (allora) aspirante geometra alle prese con l’attivismo militante, un vero filo- rivoluzionario dell’Appennino Tosco-Emiliano. In tre casi interpreta invece scritti altrui: l’iniziale “Io non ce la faccio” è il memorabile incipit di “Bassotuba non c’è” di Paolo Nori, la disillusione espressa in “Babbo Natale” è opera di Simone Lenzi dei Virginiana Miller, la conclusiva “Ti aspetto” è l’unico spunto mutuato da una mano femminile, un estratto dal romanzo “Stanza 411” di Simona Vinci.
Molte delle storie raccolte in Austerità , pubblicato a marzo del 2016, potrebbero apparire fuori dal tempo, soprattutto per le nuove generazioni, ma ad una lettura attenta restano di un’attualità che fa spavento, e di sicuro Collini dimostra di saper formulare pensieri molto più forti e focalizzati rispetto al fumo propinato da tanti esponenti politici della sua stessa estrazione culturale. Tutto è ancor più divertente per chi ha vissuto lo pseudo movimento studentesco della Pantera, “il più depoliticizzato di sempre del nostro sistema solare”, l’unico nel quale il collettivo non doveva prevedere al proprio interno dei militanti. Non secondari i preziosi dettagli musicali realizzati da Reverberi, i quali si scostano dall’approccio degli Offlaga Disco Pax per avvicinarsi, in alcuni frangenti, al post- rock più prossimo a certi Massimo Volume, soprattutto quando accanto ai tappeti elettronici emergono le chitarre, come nel caso della title track. Non poteva esserci modo migliore per portare avanti un’idea di narrazione socio- politicizzata, della quale gli Offlaga sono stati in tempi recenti l’espressione più luminosa, significativa e di successo. Non perdere un protagonista di un modo così anti convenzionale di fare musica, è qualcosa che arricchisce il nostro sottobosco indipendente, soprattutto se amate chi cerca di affermare pensieri più pensati e “impegnati” rispetto alla media dei nostri tempi.

Collini e Reverberi hanno portato a lungo queste canzoni in giro per la penisola, e dopo pochi mesi, il 23 gennaio 2017, ne pubblicano una bella appendice, Servizio d'ordine (di nuovo su etichetta Woodworm) presentato come un Ep, ma che in realtà rappresenta molto di più, sia per il minutaggio, sia per l’importanza prospettica che dona al progetto. Il disco è suddiviso idealmente in due parti: le prime due tracce sfruttano due scritti di Marco Philopat e Arturo Bertoldi che affondando le proprie radici nella storia del nostro paese: nel primo (la title track) si coglie un episodio che vede protagonista Andrea Bellini, capo del servizio d’ordine del politicizzato movimento milanese del Casoretto, in un periodo di agitato antagonismo quale fu quello dei primi anni 70. “Ida e Augusta” è invece la storia di due donne tedesche trasferitesi nell’Appennino Emiliano durante la Prima Guerra Mondiale, capaci di salvare il piccolo paese di Gombio dai rastrellamenti nazifascisti durante la Resistenza: sembra una favola, ma trattasi di fatti realmente accaduti. La seconda parte è incentrata invece sugli spassosi aneddoti personali scritti e raccontati da Collini, ambientati a cavallo fra gli anni 80 e 90, durante la sua adolescenza: vediamo l’integerrimo Max alle prese con un amore di gioventù che gli farà scoprire la più grande grunge band di sempre (“Elena e i Nirvana”) e un divertente misunderstanding con un’avvenente signora molto più grande di lui (“Borghesia”). Ma un disco firmato Spartiti non va mai raccontato troppo, è come un libro, come un film, non dev’essere sottratto all’ascoltatore il gusto della scoperta, parola dopo parola, per osservare dove la narrazione va a parare.
La formula musicale resta quella consolidata, ma è possibile scorgere importanti evoluzioni: lo spoken word di Collini è sempre innestato sui tappeti post-rock architettati da Reverberi, a volte seguendo tenui linee di chitarra, altre volte puntando sui beat elettronici, ma le sostenute suggestioni ritmiche poste su “Servizio d’ordine” (la canzone) sono qualcosa di inedito per il duo. Per “Borghesia” si è invece scelto un approccio da cinema soft-core anni 70 (perfettamente in linea con i malintesi pseudo erotici del testo), mentre il ricamo chitarristico che correda “Ida e Augusta” è fragile, notturno, prossimo ai suoni rarefatti che resero celebre “Da qui” dei Massimo Volume. Proprio i Massimo Volume, riferimento artistico mai celato da Max e Jukka, vengono omaggiati nella traccia finale, ripresa dal vivo, un espresso atto d’amore per “Qualcosa sulla vita”, smisurata poesia che cita un episodio risalente al periodo in cui Emidio Clementi lavorava per una ditta di traslochi. Il finale è arricchito da una personale coda strumentale che traghetta la canzone verso inaspettati sentieri che arrivano a due passi dal noise.

Non è facile con così pochi ingredienti a disposizione riuscire a mantenere alta l’attenzione e la curiosità durante l’ascolto: segno che il materiale - sia lirico che musicale - resta di primissima scelta. E’ un romanzo da ascoltare quello proposto dai due Spartiti, dove l’impianto narrativo assume un’importanza determinante: prendetevi mezzora di tempo libero, chiudete gli occhi e visualizzate questi brevi racconti, un microcosmo che parte dal personale dell’autore per divenire universale.

Contributi di Marco Pagliariccio ("Gioco di società")