This Mortal Coil

This Mortal Coil

Il canto di Ecate

Il supergruppo dell'etereo. Una formazione aperta ai nomi più importanti della 4AD, da Cocteau Twins a Dead Can Dance passando per Modern English e Breeders. Il tutto sotto la sapiente regia del capo-scuderia, Ivo Watts-Russell. E con un obiettivo ambizioso: produrre un vero e proprio manifesto sonoro, una celebrazione del comune percorso musicale. Storia di un viaggio musicale sospeso tra vita e aldilà, dove è sempre la donna il viatico verso l'altrove

di Lorenzo Salzano

"What dreams may come, when we have shuffled off this mortal coil, must give us pause"
"Amleto", Atto III, Scena I


Una ragazza vestita di rosso che esce da un bosco, di notte. Un canto al confine tra due mondi.
Queste immagini, spunto di partenza per David Lynch in "Twin Peaks", illustrano perfettamente una canzone da lui molto amata, ovvero "Song To The Siren", dei This Mortal Coil. Più che di una canzone si tratta infatti di un intero mondo immaginario che, nel corso degli anni Ottanta è stato fatto vivere su pellicola da Lynch e in musica dai gruppi della 4AD. Quando negli anni Novanta il regista userà il brano per una scena sconvolgente del film "Strade Perdute", il cerchio si sarà chiuso, consegnando quelle atmosfere all'immaginario pop, quale una fascinazione che non cessa di far presa e proseliti.

L'etichetta discografica indipendente 4AD nasce nel 1979 in Inghilterra per opera di Ivo Watts-Russell e Peter Kent, sull'onda dello spontaneismo punk che in tutto il paese convoglia energie giovanili nel campo della musica. La 4AD si distingue subito però per una serie di scelte precise di tipo estetico e culturale, tali da creare un vero e proprio marchio di fabbrica riconoscibile in tutti i prodotti dell'etichetta, sia in campo visuale (le famose copertine di Vaughan Oliver) sia in quello strettamente musicale. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, la 4AD si caratterizza per la propensione verso una new wave particolarmente atmosferica, oscura, dai forti significati simbolici che avrà per campioni i Cocteau Twins di Liz Fraser (voce) e Robin Guthrie (chitarra), modelli di quello che verrà definito dream-pop, e i Dead Can Dance di Lisa Gerrard, esegeti del lato propriamente esoterico del movimento, fino a sconfinare nella world music.
Nel corso di pochi anni vengono stabilite le coordinate musicali della 4AD, soprattutto con i Cocteau Twins che passano dal dark stile Siouxsie and the Banshees del disco d'esordio "Garlands" (1982) alle sonorità di "Head Over Heels" (1983), dominate dalla chitarra super-effettata, tanto psichedelica quanto minimale, di Guthrie e dai gorgheggi astratti di una Fraser che si rivela la fuoriclasse in grado di segnare un'epoca. Intanto i Dead Can Dance giungono all'esordio con "Spleen And Ideal" e si fa chiara la possibilità di trovare una nicchia di pubblico piuttosto consistente, disposta ad abbracciare la tensione spirituale ed esoterica di questa musica, lasciando da parte i furori del punk per un ripiegamento nell'interiorità che già era stata preannunciato in opere immediatamente ad esso successive (basti citare i Joy Division).
Dall'idea di un singolo in cui i  Cocteau Twins possano confrontarsi con la cover di "Song To The Siren", Ivo Watts-Russell passa a un progetto più ambizioso: un gruppo aperto che coinvolga i nomi più importanti della 4AD, coordinati dallo stesso discografico in veste di produttore, allo scopo di produrre un vero e proprio manifesto sonoro, una celebrazione del comune percorso musicale.

This Mortal CoilNascono così i This Mortal Coil e l'album It'll End In Tears, pubblicato nel 1984. Sono presenti in esso, oltre ai due gruppi succitati, ovviamente protagonisti, membri di band come Cindytalk, Colourbox, The Wolfgang Press, Xmal Deutschland, Modern English, oltre ad altri musicisti tra cui il bassista Simon Raymonde che si unirà poi in pianta stabile ai Cocteau Twins per il loro capolavoro successivo, "Treasure". I contributi musicali sono di due tipi: cover d'autore si alternano a brani originali (quasi tutti strumentali) nel creare una atmosfera omogenea e coerente, tanto rigorosa e austera quanto vitale è il mescolarsi dei vari musicisti nel dar vita ai singoli pezzi.
La scelta delle cover è il tratto distintivo dell'album, giacché si tratta di una studiatissima serie di omaggi a personaggi maledetti, tormentati, eroi rimasti nell'ombra della storia del rock anni Sessanta e Settanta come Tim Buckley e Alex Chilton dei Big Star che proprio grazie a questo disco verranno riscoperti dalla generazione new wave e dalla critica. C'è un terzo nome, non oggetto di una cover, ma evocato dallo straziante duetto di voce e accordion di "Wave Become Wings", ed è quello di Nico, chanteuse dei Velvet Underground e vera icona tragica del rock al femminile.
Non si tratta solo quindi di riscoprire artisti amati, ma di porre un legame di discendenza, di sottolineare una vicinanza spirituale con musicisti che hanno saputo spingersi, a dispetto delle leggi commerciali e a rischio della stessa vita, nella zona al limite dello spirito musicale, laddove il canto è al confine tra due mondi. In "Song To The Siren", sugli sparsi tocchi di chitarra di Guthrie, la Fraser riesce a tramutare la tensione all'infinito, romantica e tipicamente anni Sessanta del Tim Buckley di "Starsailor", in qualcosa di diverso. La versione This Mortal Coil evoca infatti una dimensione liminare, di dialogo e compenetrazione tra l'aspetto corporeo, terreno della voce della donna-madre e il suo corrispettivo fantasma lunare, elusivo e irriducibilmente consegnato all'oltre, il cui archetipo è Diana-Ecate. Questa duplicità della sfera femminina, che rende la donna il viatico verso l'altrove per tanti viaggiatori della letteratura, attraverso il sollevamento spirituale dell'amore (vogliamo ricordare Dante e Beatrice?), rende indispensabile il ricorso ossessivo alle voci femminili di un progetto musicale come questo. Nessuna però, nell'ambito This Mortal Coil, riuscirà a spingersi dove è arrivata Liz Fraser con "Song To The Siren". Divinità delle acque del mare, limitare dell'aldilà, protettrice delle soglie e dei trivi (le strade perdute ?), portatrice di luce nella notte, dea lunare, Ecate, in quanto rappresentazione dell'archetipo eterno femminino, è alla base del mondo sonoro This Mortal Coil e delle sue coordinate culturali, che si spingono sino all'ambito sacrale senza scivolare nel facile neo-paganesimo di tanto post-punk, ma conservando l'elegante austerità di chi si mette, prestando orecchio alla notte, in relazione profonda con l'oltre-mondo.
Su "Another Day", cover di Roy Harper, la cantante produce un incantesimo diverso, ma egualmente affascinante, su un cameristico tappeto d'archi, con melismi arabeggianti che riprendono il brano precedente e anticipano gli interventi della Gerrard. La scelta di Harper si pone nell'ambito della riscoperta della spiritualità nel repertorio della musica folk. La Gerrard, dal canto suo, si esibisce da sola nella preghiera arcana e medievaleggiante di "Wave Become Wings" sui droni prodotti dall'accordion, introducendo una dimensione propriamente sacrale ed esoterica, in linea con la produzione Dead Can Dance. In "Dreams Made Flesh" viene accompagnata dai droni del compagno Brendan Perry e da uno strumento a corde orientale per un lamento più free-form, tanto ipnotico quanto sconvolgente quando la voce si alza in vibrato.
La componente maschile contribuisce con brani di area più propriamente rock, in particolare "Not Me" di Colin Newman, cantata da Robbie Grey dei Modern English, che giunge alla fine ad alleggerire il programma. Però i brani di Chilton, la "Kangaroo" cantata da Gordon Sharp e la "Holocaust" eseguita dall'ex-Magazine Howard Devoto, sono trasformati in dolenti ballate da camera, sprigionando tutta l'angoscia esistenziale dei testi originali. "Fond Affections" dei Rema-Rema è un'altra cantata ai confini del mondo, scandita dal passo fatale delle percussioni.
A tenere tutto unito sono i brani strumentali, tra i quali spicca l'estasi sospesa di "The Last Ray", duetto tra Simon Raymonde e un Robin Guthrie diviso tra delicati ricami acustici e affilati intarsi elettrici, ad anticipazione dei migliori Cocteau Twins. Ma meritano menzione anche l'elettronica marziale di "Fyt", con effetti sonori da notte di Valpurga che lasciano progressivamente campo a una serenità mistica proto-new age, e il duetto tra Raymonde (stavolta alla chitarra) e la Gerrard (all'accordion) in "Barramundi".
Chiude il tutto la dolce sonata pianistica di "A Single Wish".

This Mortal CoilFiligree And Shadows del 1986 ripropone il progetto This Mortal Coil sotto il segno di una continuità musicale col passato, ma con una diversa squadra di musicisti. Questa volta sono presenti membri di Wolfgang Press, Breathless, Dif Juz, oltre a Peter Ulrich dai Dead Can Dance e Steven Young dei Colourbox. L'anello di congiunzione col primo album è il personaggio di Simon Raymonde, che qui riveste il ruolo di arrangiatore e collante musicale, suonando basso, chitarre, piano e tastiere. Il suo pesante coinvolgimento nel progetto lo sottrae momentaneamente ai Cocteau Twins, che escono lo stesso anno con un album prettamente acustico, "Victorialand", presentandosi come duo.
Un paragone tra i due album fa emergere una tendenza generale della 4AD di metà anni Ottanta, che si manifesta in un progressivo defilarsi dell'elemento wave (e quindi rock, anche se atipico) a favore di sonorità e arrangiamenti classicheggianti e cameristici. Sotto questo punto di vista Filigree And Shadows  si presenta come un'opera di rara eleganza, che si dipana lentamente e con ampio respiro sullo spazio di due Lp. Rispetto al primo album si segnala la continuità nella scelta delle cover, con un ritorno di Tim Buckley con "Morning Glory"e "I Must Have Been Blind" e l'ingresso del Van Morrison di "Come Here My Love" (da "Veedon Fleece"), che prosegue la riscoperta delle inquietudini spirituali nel mondo del folk.
I rifacimenti hanno però meno peso nel contesto generale, forse anche a causa della mancanza di interpreti del livello delle precedenti, mentre colpiscono gli strumentali, tendenti sempre più esplicitamente alla ambient come testimoniato dall'incanto soffuso di una "Ivy and Neet". A esplicitare i debiti c'è una cover della "Drugs"dei Talking Heads su cui aveva messo originariamente mano Brian Eno (padre della ambient music), che qui viene però resa in chiave maggiormente rock, risultando uno degli episodi più movimentati del programma.
In generale il disco, anche a causa della lunghezza, rischia di scadere a tratti nelle trappole insite in una ricerca di questo tipo, ovvero quelle costituite dalla noia e dalla stucchevolezza. Bisogna dire che però la serena grazia di episodi come "Tears" (di Raymonde), la solennità di brani come l'elettrica "Strenght Of Strings", l'afflato soul che compare in talune interpretazioni compensano ampiamente i passaggi a vuoto.
I momenti più cupi e dark, come "The Horizon Bleeds And Sucks Its Thumb" testimoniano inoltre l'assoluta superiorità della band in questo campo.

I This Mortal Coil, pur riferendosi, in questo caso particolarmente, a una precisa nicchia di appassionati e a un genere dai confini codificati, non cessano di prendere in considerazione tematiche musicali di interesse trasversale: il dialogo tra ambient e gothic, di cui il gruppo e la 4AD sono l'archetipo assoluto, continuerà negli anni Novanta a dare frutti importanti con dischi capolavoro come "Remnants Of A Deeper Purity" dei Black Tape For A Blue Girl

Blood, del 1991, ripropone per l'ultima volta lo schema del doppio Lp, del cast vario con predominanza di voci femminili, delle cover d'autore. Adeguandosi al clima dell'epoca, gli arrangiamenti, specie nei consueti strumentali d'atmosfera ("Andialu"), spingono più decisamente sul versante dell'elettronica. Il mood inoltre è più leggero e soffuso, quasi fabulistico, con molte canzoni che si trasformano in dolci romanze a una, due o tre voci, come nel caso di  "I Come And Stand At Every Door".
Tra le voci femminili spicca quella di Caroline Crawley degli Shelleyan Orphan, che i fan meno giovani dei Cure ricorderanno di spalla al gruppo di Robert Smith nel tour di "Disintegration".
Un altro momento notevole è il duetto tra le due Breeders, Tanya Donnelly e Kim Deal, che danno vita alla filastrocca di "You And Your Sister". La loro presenza, un po' incongrua rispetto al passato, sottolinea come  i This Mortal Coil si caratterizzino sempre più come un progetto al femminile, ma evidenzia anche la maggior frammentarietà di quest'opera rispetto alle precedenti. La presenza di Watts-Russell si fa più forte in chiave compositiva, con molti brani firmati anche per quanto riguarda le musiche ("The Lacemaker", "Bitter") ma il senso di autocompiacimento, peraltro insito programmaticamente fin dall'inizio nel gruppo, si fa più evidente.
Se la cover di "Late Night" del Syd Barrett solista è piuttosto tardiva nel riscoprire un ennesimo eroe maledetto degli anni Sessanta, Blood nel suo complesso non è privo di spunti di interesse per il mondo esterno alla 4AD.

La tensione spirituale di questi lavori si ritroverà negli anni Novanta nei mille rivoli del filone new age, a tratti latore di noie e stucchevolezze ben peggiori di qualunque cosa concepita dai This Mortal Coil. Il connubio tra elettronica e atmosfere noir, da film, verrà invece ripreso con grande creatività nel filone del trip-hop inglese dei primi anni Novanta. Anche qui a dominare saranno le voci femminili (Beth Gibbons dei Portishead) e, coi Massive Attack, si riproporrà lo schema del gruppo aperto, anche se desunto da ben altro ambito culturale (l'hip-hop). Proprio i Massive Attack renderanno il miglior omaggio al sound 4AD col brano "Teardrop", su "Mezzanine", del 1998. A cantarla ricomparirà la voce di sirena di Liz Fraser, per un nuovo momento di bellezza estatica.

This Mortal Coil

Discografia

It'll End In Tears (4AD, 1984)

8

Filigree & Shadow (4AD, 1986)

7

Blood (4AD, 1991)

6

1983-1991 (antologia, 4AD, 1993)

Pietra miliare
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This Mortal Coil sul web

Sito ufficiale
Testi
Sito non ufficiale
  
 VIDEO
  
Song To The Siren (videoclip da It'll End In Tears, 1984)
Kangaroo (videoclip da It'll End In Tears, 1984)
Another Day (videoclip da It'll End In Tears, 1984)